Puntare sugli appalti pubblici per la ripresa
Il Governo ha puntato sul DL Semplificazioni non solo al fine di contenere al massimo i numeri della flessione del PIL, conseguenti al lungo periodo di sospensione di ogni attività a causa della pandemia da Covid-19, ma anche per tentare, nell’occasione, quel salto di qualità che, se operato, permetterebbe al “Sistema Italia” di raggiungere i livelli di produttività che il Paese per la sua importanza merita. Livelli che da tempo mancano, relegando i tassi di sviluppo italiani ben sotto la media europea.
Cio’ che potremmo definire “la scossa” sul fronte degli investimenti, era attesa fin dal mese di aprile, a mezzo di un provvedimento slittato poi a maggio, il Decreto Rilancio, che avrebbe dovuto contenere anche una serie di disposizioni per garantire la pronta “messa a terra”, come suol dirsi, degli investimenti, cosa peraltro poi non avvenuta a causa dello stralcio delle previsioni sul punto apparse in alcune bozze preliminari, ad eccezione delle previsioni riguardanti il regime delle anticipazioni contrattuali.
L’obiettivo finale è stato, quindi, rinviato ancora, rivendicando il Governo l’esigenza di intervenire in forma organica attraverso norme che non cogliessero solo singoli punti ma avessero respiro di sistema; questa è la matrice del decreto c.d. Semplificazioni, il cui testo convertito costituisce, a questo punto, il dato da cui muovere.
In materia di appalti , il decreto 76/2020 – la cui formulazione iniziale contava 65 articoli, annoverandone, al termine dell’iter di conversione, ben 109 – dedica al tema specifico dei contratti pubblici solo le prime 10 disposizioni, contemplando poi, insieme a previsioni alquanto eterogenee, ad esempio quelle recanti modifiche al codice della strada, in modo maggiormente pertinente agli obiettivi primari, regole in materia di edilizia urbana e di semplificazione del procedimento amministrativo, una riscrittura della fattispecie penale riguardante l’abuso d’ufficio e nuove regole in materia di responsabilità per danno erariale (capitolo a parte è quello dell’innovation).
Molte delle modifiche introdotte hanno un arco di validità temporale circoscritto, legato alla durata del contesto emergenziale in cui non solo il nostro Paese, ma anche l’Europa ed il continente intero si dibattono; trattandosi ormai di emergenza economica oltre che sanitaria, la durata di tale regime è stato portato, in sede di conversione in legge, dal mese di luglio a tutto il 2021. In questo senso, risulta ben evidenziata la natura grandemente innovativa, e quindi sperimentale, che contraddistingue la manovra messa in campo dal Governo che, se dovesse dare i frutti auspicati, potrebbe assumere, nei relativi presupposti, anche carattere definitivo. Ci si riferisce, in particolare, al contesto fortemente acceleratorio ed ispirato a privilegiare l’agire rispetto a comportamenti statici o latamente difensivi, che caratterizza soprattutto alcune delle modifiche legislative introdotte dal decreto fin dall’inizio, in specie sul fronte delle responsabilità di chi opera per conto della pubblica amministrazione, dello sblocco delle opere ferme o che rischiano di fermarsi e della velocizzazione degli affidamenti.
In questo senso la legge di conversione non ha modificato le premesse di base, anche se, va detto, il disegno era più limpido e privo di sbavature nell’impostazione del Governo. Per quanto riguarda la contrattualistica pubblica, infatti, mentre sulla semplificazione dei processi di aggiudicazione pesa l’introduzione di una regola, fonte di possibili incertezze interpretative, che impone alle stazioni appaltanti che adottano le procedure negoziate di darne preventiva notizia tramite pubblicazione di un avviso nei rispettivi siti internet istituzionali – e per lo meno ultroneo si presenta l’inserimento della previsione che consente alle imprese di partecipare alle gare in raggruppamento – gli altri due pilastri che contraddistinguono le scelte innovative del Governo, la responsabilità di chi agisce ed il Collegio Consultivo Tecnico non hanno subito alterazioni rispetto alla stesura originaria.
Come riporta anche la relazione illustrativa che accompagna la legge di conversione, la volontà del Legislatore è quella di limitare la responsabilità erariale al solo comportamento doloso, per le azioni e non anche per le omissioni, in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare. Tale innovativo approccio è significativo in quanto intende superare il grave problema cosiddetto dell’amministrazione difensiva, noto anche come blocco della firma, che fin qui ha notevolmente condizionato l’azione dei pubblici poteri, in questo caso la spesa per investimenti che attraverso di essa passa.
L’opzione seguita è peraltro da intendersi anche in ragione dell’esistenza di un quadro normativo di non semplice ricostruzione complessiva, il cui riordino, comunque lo si intenda, o lo si intendesse, compiere, implica tempi e modi non compatibili con l’immediato riavvio dei processi di acquisto in funzione anticongiunturale. In quest’ottica, quindi, un alleggerimento della responsabilità di chi agisce, non di chi omette di farlo, appare l’unica strada da percorrere, ancorché in via temporanea, procedendo in parallelo a mettere a punto modalità di azione che, anche attraverso le Innovation Technologiese gli strumenti basati sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, possano rendere, a regime ed in base ad un sistema di norme che si avrà il tempo di aggiornare, l’applicazione delle procedure di spesa più rapide e sicure.
Con lo stesso obiettivo il Legislatore è intervenuto anche sul fronte della responsabilità penale, in particolare con una disposizione destinata ad operare a regime, non già con modifiche temporalmente limitate, per il caso del reato di abuso d’ufficio, di cui all’articolo 323 del codice penale. Al fine della configurazione del comportamento sanzionabile, viene data rilevanza alla violazione, da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, delle sole norme di condotta espressamente previste dalla legge, eliminando ogni riferimento a fonti di natura diversa come quelle regolamentari, valorizzando nel contempo il fatto che l’osservanza di tali norme di legge non implichi margini di discrezionalità per chi opera.
il Governo ha messo in campo senza che il passaggio parlamentare l’abbia intaccata riguarda lo strumento del Collegio Consultivo tecnico che non rappresenta solo l’ennesimo tentativo di risolvere celermente il contenzioso, come da alcuni ritenuto, bensì lo strumento destinato a sbloccare le opere sospese, ovvero ad evitare che quelle in esecuzione possano bloccarsi: in generale, a supportare l’accelerazione dell’attività delle pubbliche amministrazioni committenti. L’istituto, infatti, viene reso obbligatorio per tutti gli appalti di lavori di importo superiore alla soglia comunitaria in corso alla data di entrata in vigore del decreto, a prescindere dall’esistenza di una situazione di blocco e di un contenzioso, semmai già instradato su altre forme di risoluzione.
In questo senso, trattasi in effetti, di un vero e proprio strumento di sostegno all’amministrazione chiamata ad agire, che laddove dia seguito alle indicazioni del Collegio, andrà esente da responsabilità per danno erariale, aggiungendosi tale previsione specifica a quella sopra richiamata di portata generale. Il CCT può essere utilizzato anche nel caso di lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria ed anche nelle fasi procedurali che precedono l’esecuzione, dove nella relativa composizione mancherà necessariamente la parte privata, che in tale momento ancora non esiste, con la conseguente presenza di una diversa parte pubblica; in tal caso due componenti sono nominati dalla stazione appaltante e il terzo dal Ministero delle Infrastrutture per le opere di interesse nazionale, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e Bolzano o dalle città metropolitane per le opere di interesse locale. Anche su questo punto le Innovation Technologies potrebbero fornire un utile contributo in chiave evolutiva, sotto il profilo della trasparenza e della correttezza delle decisioni adottate con i relativi processi, che le forme di notarizzazione informatica sono in grado di assicurare.
novità apportate dalla conversione del decreto Semplificazioni più direttamente riferite alla disciplina dei contratti pubblici, va detto che l’apporto parlamentare ha ricalcato lo schema di base adottato dal testo governativo di base: alcune integrazioni riguardano direttamente la disciplina del Codice dei Contratti, destinate quindi a valere, in via di principio, ben oltre l’esaurirsi della fase emergenziale; altre con portata ad essa circoscritta.
A parte alcune disposizioni di portata specifica, ad esempio quelle riguardanti il cosiddetto Terzo settore, nel primo novero rientrano: i) l’estensione ai contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria dell’obbligo, valevole sopra soglia, di osservare la cosiddetta clausola sociale riguardante la continuità operativa per il personale già utilizzato dal titolare di un contratto avvicendato da altro operatore; ii) l’introduzione della facoltà di pubblicare i risultati delle procedure di affidamento di importo inferiore a 40.000 euro; iii) l’obbligo della cosiddetta designazione a cascata, applicabile ai consorzi di cooperative, a quelli tra imprese artigiane ed a quelli definiti “stabili”, secondo la quale qualora il consorziato designato sia, a sua volta, altro consorzio di cooperative o di artigiani, ma non un consorzio stabile, il consorzio designato deve a sua volta indicare, in sede di offerta, i consorziati per i quali concorre; iv) le integrazioni della disciplina del Partenariato Pubblico Privato, per il caso di utilizzo di tali formula nel campo dei contratti di rendimento energetico o di prestazione energetica, e di quella relativa ai beni culturali, mediante generalizzazione dello specifico regime di utilizzo dei contratti di sponsorizzazione e delle altre forme speciali di partenariato allo scopo previste, a tutto il settore statale, regionale e degli enti locali. Appartengono, invece, alle novità destinate, in principio ad operare solo fino al 31 dicembre 2021:
- l’abbassamento da 150 a 75.000 eurodell’ambito, originariamente previsto dal decreto, per l’affidamento diretto di forniture e servizi, inclusi quelli di progettazione ed ingegneria;
- la conferma dell’obbligo di applicare, anche per importi di affidamento inferiori alla soglia comunitaria, l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’individuazione dell’affidatario di specifici contratti (servizi sociali, ristorazione ospedaliera assistenziale e scolastica, servizi di ingegneria, servizi e forniture di notevole contenuto tecnologico e carattere innovativo)
- l’inclusione del dialogo competitivo tra le procedure di affidamento utilizzabili, nel regime emergenziale, per gli affidamenti di contratti di importo superiore alla soglia comunitaria;
- l’estensione alla messa a norma degli edifici dell’ambito in cui è possibili procedere con procedura negoziata ed in deroga al Codice dei contratti, per affidamenti di importo comunitario.
Ultimo aspetto riguarda la disciplina antimafia, per la quale, dopo aver confermato la novità dell’informativa liberatoria definita “provvisoria”, che consente di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture, sotto condizione risolutiva, la legge di conversione porta da 30 a 60 giorni il periodo utile per completare successivamente le necessarie verifiche ai fini del rilascio della documentazione antimafia, per così dire, definitiva. Per il resto, le previsioni dell’originario decreto risultano tutte confermate, inclusa la rilevanza dei provvedimenti non definiti in materia di cause di esclusione per violazioni gravi di normative fiscali e previdenziali, come il totale silenzio sul tema del subappalto. La definitività del testo mette quindi alla prova le soluzioni, senz’altro innovative, delineate dal Governo.
A cura Rusciano Mariarosaria