La storia si ripete,i drammi si rinnovano; il dolore lacera gli animi di chi assiste. Le urla del piccolo Gabriel, assordanti, quel giorno, assorbirono qualsiasi cosa , anche il morboso desiderio sessuale di mamma e papà. Il suo pianto era prevalente e andava punito. Non lui, non il papà, non avrebbe mai messo le mani sul bambino “per non essere incolpato”, confesserà mamma Donatella.
“Sono stata io: l’ho strangolato. Con una mano tappandogli la bocca e l’altra stringendola al collo.“Le sue gambine si agitavano quasi a volersi liberare da quella oppressione materna ed il papà (nicola Feroleto), che era lì, assisteva senza prendere le difese di Gabriel. “Si, ho ucciso mio figlio ma lui, Nicola, avrebbe voluto lo facessi.”
Due genitori, una madre ed un padre, rispondono agli interrogatori con distacco come se la morte di quel piccolino non li riguardasse. Ad entrambi. Raccontano, espongono i fatti che compongono l’accaduto alternando a qualche menzogna, senza versare nemmeno una lacrima per quella morte infame.
Nessun pentimento. Lui giustifica lei dandole della depressa, come se la morte di Gabriel sarebbe stata una conseguenza inevitabile, come a dire sarebbe accaduto prima o poi.
Lei, Donatella, ventottenne, ha vissuto gran parte della sua vita rinchiusa tra le mura di casa , si dice non avesse manco un’amica. Lui, Nicola, di età matura e dal trascorso di uomo vissuto, alle spalle un matrimonio e due figli, una convivenza ed un altro figlio. Adolescenti. Nulla a che vedere con l’irrequietezza,l’irreprensibilità , di un bambino piccolo.
Un equilibrio precario, due personalità controverse, insieme per dar vita al peggiore degli incubi. Così come fu per Samuele(delitto di Cogne), così come accaduto a Gabriel e chissà quante altre povere anime innocenti destinate ,nel futuro, al sacrificio.
a cura di Maria Parente
