29 Marzo 2024, venerdì
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Delitto Teverini, la sentenza: “Il marito la uccise per denaro”

Soldi, sarebbe questo il movente che ha spinto Costante Alessandri ad uccidere la moglie Manuela Teverini. La sentenza arriva a 19 anni dalla scomparsa della donna: il giudice per l’udienza preliminare ha condannato il marito a 20 anni di reclusione.

Era il 5 aprile del 2000 quando Manuela Teverini scompare nel nulla senza far più ritorno nella sua casa di Capannaguzzo in provincia di Cesena dove abitava con il marito e la figlia, che all’epoca aveva 4 anni. Sarebbe stato il marito ad ucciderla e a far sparire il suo cadavere nella notte tra il 5 e 6 aprile del 2000.

Oggi suo marito, Costante Alessandri è stato condannato per omicidio volontario e distruzione di cadavere dal tribunale di Forlì. Il pm aveva chiesto la condanna all’ergastolo, ma il giudice per l’udienza preliminare Giorgio Di Giorgio ha concesso lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato con cui si è svolto il processo.

La condanna di Costante Alessandri arriva al termine di una complessa attività d’indagine condotta dagli agenti della squadra mobile di Forli, coordinata dal sostituto procuratore Filippo Santangelo, a seguito della riapertura del caso nel 2016. Le attività investigative hanno visto anche il supporto del servizio centrale operativo e della polizia scientifica che hanno messo in campo le più moderne tecniche investigative, tra cui l’utilizzo dei cani molecolari e della strumentazione georadar. Nonostante non siano stati rinvenuti i resti umani della vittima, è stato possibile avvalorare le ipotesi investigative, alla luce di ulteriori e determinanti elementi che sono emersi nel corso della riapertura dell’indagine.

lL nuove testimonianze raccolte, l’analisi del materiale rinvenuto nelle ultime perquisizioni e la rilettura dell’alibi del marito, all’interno del nuovo contesto investigativo, sono risultati determinanti a rafforzare il quadro probatorio. Alla luce di ciò, la ricostruzione accusatoria formulata dal sostituto procuratore ha consentito di ripercorrere l’intero iter giudiziario, permettendo di chiarire anche il movente alla base dell’omicidio.

Nel dicembre del 2002 il marito fu arrestato per omicidio e occultamento di cadavere. Fu condotto in carcere a Forlì, dove rimase per circa un mese. In un’intercettazione parlò dell’omicidio della moglie con la prostituta che frequentava: ma davanti agli investigatori disse che lo aveva fatto per provocarli, visto che sapeva di essere intercettato. Ad aggravare la posizione del marito la presenza di un’assicurazione sulla vita stipulata da Manuela poco prima. Venne però scarcerato in quanto gli esiti sulla ricerca del cadavere nei pressi dell’abitazione di Capannaguzzo diedero esito negativo. Così sembrava essersi chiuso definitivamente il caso. La figlia, ora 21enne, ai microfoni di “Chi l’ha visto” aveva chiesto la riapertura del caso: “Voglio tutta la verità”, disse la giovane.

Delitto Teverini: l’inchiesta bis

E la Procura lo aveva riaperto, con un primo sopralluogo effettuato nell’area dell’abitazione di Franco Alessandri, fratello di Costante.  Gli investigatori perlustrarono anche un appezzamento di terreno nei pressi dell’abitazione del marito della scomparsa coi cani molecolari specializzati nella ricerca di resti umani, e col georadar in dotazione alla Polizia Scientifica di Roma. Con un escavatore venne realizzato un buco di circa una trentina di metri nel suo punto più largo, profondo 2-3 metri. Ore e ore di lavoro sotto una pioggia scrosciante per verificare quanto i cani specializzati avevano “fiutato”. Fu scandagliata anche una vecchia cava di argilla a Bagnarola.  Nonostante non fossero stati rinvenuti i resti umani della vittima, è stato possibile avvalorare le ipotesi investigative alla luce dei nuovi e determinanti elementi che sono emersi nel corso dell’attività in questione. “Le nuove testimonianze raccolte, l’analisi del nuovo materiale rinvenuto nelle ultime perquisizioni, la rilettura dei pregressi elementi già esistenti che in passato avevano supportato l’alibi del marito, riletti nel nuovo contesto investigativo sono risultati determinanti a rafforzare il quadro probatorio”, spiega una nota della Polizia di Stato.

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