26 Aprile 2024, venerdì
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Sentenze arbitrarie: così i giudici eludono il contenuto degli atti

Negli ultimi mesi in maniera disordinata, casuale ma altrettanto allarmante per un pubblico televisivo dall’occhio attento  si sono diramate nei principali programmi di intrattenimento notizie secondo le quali in procedimenti giudiziari di importanza nazionale e pertanto oggetto di  grande attenzione massmediatica  i giudici abbiano scritto in ordinanze di archiviazione o ancora peggio in sentenze di condanna motivazioni non rispondenti ai verbali di Polizia Giudiziaria o addirittura in esplicito contrasto con essi.Risultati immagini per giustizia

Ebbene si sa che nelle aule di giustizia non sempre le parti in causa riescano a far emergere la verità nel senso astratto del termine, ma non può e soprattutto non deve passare sotto silenzio il fatto che dei giudici di questa Repubblica democratica seduti comodamente nelle proprie poltrone e con tutto il tempo necessario ai fini di una valutazione attenta degli atti possano permettersi l’arbitrio di scrivere esattamente il contrario di quanto emerge dai verbali di indagine e di udienza e a maggior ragione lungo tutti i tre gradi di giudizio a meno che questi non vengano sconfessati da ulteriori indagini e approfondimenti che comunque dovrebbero per lo meno risultare negli atti stessi del giudizio o di procedimenti penali a carico di quegli ufficiali di P.G. per i reati di falso e abuso di ufficio.

Come non ricordare la puntata del programma “le Iene” andato in onda il 5 Novembre 2017 su Italia 1 dove si evidenziò come nell’ordinanza di archiviazione del GIP del Tribunale di Siena in merito al presunto suicidio di  David Rossi, responsabile relazioni esterne del Monte dei Paschi di Siena, veniva indicata come sentita in atti la segretaria del Presidente Massari, l’ultima persona ad incontrare il manager volato dalla finestra del suo ufficio come mostrato dalle telecamere di sorveglianza, e di come dalla sua testimonianza non emergessero fatti di particolare interesse. Ebbene gli inviati delle Iene, dopo aver mostrato copia dell’ordinanza in diretta, in presenza della figlia del Rossi, dimostrarono come in realtà la donna indicata dal GIP quale teste non venne mai chiamata a testimoniare e che quindi negli atti citati non poteva esserci traccia di tali verbali.

E ancora il 10 Dicembre 2017 scorso su Quarto Grado, trasmissione Mediaset specializzata nella cronaca giudiziaria, a proposito del caso Bossetti si diede spazio alle dichiarazioni del legale difensore dell’imputato secondo il quale la Corte di Appello di Brescia confermando la condanna di primo grado per omicidio della piccola Yara avrebbe scritto in sentenza che “la difesa quanto l’accusa concorda che Guarinoni sia il padre naturale di Bossetti”, aspetto che la difesa ha smentito tassativamente essere presente in atti.

Non di minore rilevanza l’editoriale del giornalista indipendente Marco Delpino trasmesso il 6 Febbraio scorso su STV, emittente ligure, e successivamente condiviso su Facebook con migliaia di visualizzazioni,  all’attenzione del quale vennero indirizzate segnalazioni di molti altri procedimenti penali, forse meno eclatanti per il grande pubblico, ma sicuramente significativi per le persone che ne sono state protagoniste, con tanto di ordinanze e di sentenze riconducibili ai Tribunali di Genova, Milano e Brescia con motivazione in palese contrasto, anche nel senso letterale del termine,  con le risultanze dei verbali di udienza e di P.G.

Siamo di fronte a delle sentenze scritte con motivazione esplicitamente  falsa? Oppure scegliamo una linea più garantista concedendo il beneficio della clamorosa svista?

Una cosa è certa: nelle aule di giustizia quanto emerge non è assolutamente accettabile, soprattutto per i terribili effetti che tali errori commessi, a prescindere dal dolo o dalla colpa che sia,  abbiano conseguenze nefaste sui condannati, in molti casi anche in stato di detenzione, sulle loro famiglie e più in generale  sulla società civile ed economica nel suo complesso.

Ma un aspetto che emerge ancora più violentemente dalle sentenze citate da Marco Delpino di come anche in Cassazione vi sia una sezione, nello specifico la VII°, che come mansione dovrebbe unicamente vagliare  l’ammissibilità dei ricorsi proposti dagli imputati, ricordiamolo innocenti fino a sentenza passata in giudicato, che violando la procedura penale e i quadri tabellari del Consiglio Superiore della Magistratura e della stessa Cassazione, esprime condanne si sottolinea SENZA la presenza del legale difensore dell’imputato, in quanto camere di consiglio non partecipate, e SENZA MOTIVAZIONE.

In altri casi come dalla documentazione sopra citata si evince come anche altre sezioni della Suprema Corte abbiano espresso sentenze di condanna senza uno stralcio di motivazione e questo in manifesto contrasto con quanto espresso dal Codice di Procedura Penale, dalla Costituzione e dalla Carte dei Diritti dell’Uomo secondo le quali nessun uomo può essere condannato senza motivazione, senza la presenza di un legale difensore e per delle ipotesi di reato non punibili secondo la Legge oppure in analogia ai casi giudiziari trattati dalla Corte di Appello di Genova, Milano e Brescia con motivazione letteralmente contraria agli atti citati.

L’Italia è ancora la patria del Diritto? E ancora, visto che si predica la doverosa ospitalità ai rifugiati politici e a coloro che scappano dalle persecuzioni, siamo un Paese che può vantarsi in quanto asseritamente Civile di dare il buon esempio a quelli che vengono bollati come incivili e inumani?

a cura di Carlo Carpi

La Redazione  non si assume nessuna responsabilità in merito al contenuto di questo editoriale.

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