24 Aprile 2024, mercoledì
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Teleferica e villette a schiera sul Grand Canyon

Di fronte, un orizzonte dove l’occhio fatica anche solo ad immaginare dei confini e dei limiti. Verso il basso, un’enorme, profonda e tortuosa ferita della terra. Una cicatrice lunga centinaia di chilometri e profonda alcune migliaia di metri. Intorno, il freddo dell’alta montagna. Inaspettato. Sotto, il caldo torrido del deserto ed il placido scorrere di un fiume. Il Colorado. E’ il Grand Canyon, una delle sette meraviglie naturali del nostro pianeta, così com’è oggi e come potrebbe non essere domani.
O almeno è così che appare il Grand Canyon ad uno qualsiasi dei 5milioni di turisti che ogni anno si affacciano da una delle tante “terrazze”, come ad esempio il Mohave Point, per ammirare quello spettacolo davvero unico che è il canyon. Uno spettacolo che solo chi ha avuto la fortuna di vedere può tentare di comprendere. Da domani, però, potrebbe essere tutto diverso.
Due progetti, distinti e non in relazione tra loro, incombono come una spada di Damocle sul futuro, almeno paesaggistico, del Grand Canyon. Il primo è quello di una imponente funivia, o comunque sistema di risalita, che possa portare i turisti su e giù per le pareti oggi praticamente impercorribili. Finora infatti, chi vuole ed ha voluto raggiungere la base del Grand Canyon, ha dovuto avventurarsi in una lunga camminata che definire passeggiata è assolutamente riduttivo. La discesa, e peggio la risalita, sono un percorso di trekking discretamente duro che comporta ore di cammino e per cui sono consigliate, con tanto di avvisi scritti, buone condizioni fisiche, scarpe adatte ed un’opportuna scorta di creme solari, acqua, cibo e medicinali di primo soccorso. I più pigri, oggi, possono arricchire l’esperienza con un passaggio a dorso di mulo che, comunque, non rende meno avventurosa l’impresa.
La teleferica non è però, come accennato, l’unico progetto in ballo. Un altro, persino più invasivo, aleggia sul canyon, ed è quello della costruzione di 2.200 nuove abitazioni e 300mila metri quadrati di nuovi spazi commerciali lunga la mesa, l’altopiano dentro cui, nei millenni, il fiume Colorado ha scavato la sua strada verso occidente.
Due progetti non solo non osteggiati ma anzi sponsorizzati dai nativi americani, quelli che, almeno nell’ideologia popolare, da sempre si battono per la difesa delle loro terre natie contro lo sfruttamento commerciale dell’uomo bianco e degli yankee. E, nello specifico, sono i navajo, la tribù resa famosa da Tex Willer, a volere cemento e acciaio nella “loro” fetta di canyon. E lo vogliono per rispondere, fedeli alla logica della concorrenza, alla tribù concorrente degli Hualapai che, nella loro fetta di mesa, quella occidentale, hanno inaugurato lo skywalk, la passeggiata di vetro sul vuoto. Perché i navajo vogliano rispondere ai vicini è comprensibile, per quanto in qualche modo sorprendente.
E se i due progetti in ballo, in quello della costruzione c’è in gioco anche una società italiana, prendessero corpo, lo spettacolo del canyon potrebbe cambiare drasticamente. Di fronte, sulla mesa, non più orizzonti senza confini ma, al loro posto, una distesa di appartamenti residenziali, villette a schiera e soprattutto, in pieno stile americano, mall e negozi, questi sì, a perdita d’occhio. Sotto, lungo le migliaia di metri di roccia scavata dal fiume, una serie di piloni in lucido acciaio con appese una ancor più fitta serie di cabine da 12 persone, colorate, e perché no anche la musica della filodiffusione al posto del millenario silenzio. E sotto, ancora più sotto, al posto della pace e del luogo aspro ma incontaminato e per questo così ambito che è oggi la base del canyon, una nuova base fatta di bambini urlanti, chioschi di souvenir e magari di hot dog.
E’ l’America, è il progresso. I navajo, ormai, l’hanno capito e forse, tra poco, toccherà anche al canyon capirlo

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