29 Marzo 2024, venerdì
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Non beneficia del “trattenimento in servizio” il giornalista che matura la pensione in regime retributivo

L’art. 24, comma 4, della l. 22 dicembre 2011 n. 214 (cosiddetta legge “Salva Italia) dispone quanto segue: “Per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (di seguito AGO) e delle forme esclusive e sostitutive della medesima, … la pensione di vecchiaia si può conseguire all’età in cui operano i requisiti minimi previsti dai successivi commi” (primo periodo) “Il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall’operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settant’anni” (secondo periodo). “Nei confronti dei lavoratori dipendenti, l’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità” (terzo periodo).
In base a tale norma, il “trattenimento in servizio” fino a settant’anni è consentito solamente in favore dei dipendenti, assoggettati all’AGO o alle forme sostitutive, che beneficiano di un regime pensionistico contributivo o misto e non, invece, a quelli -come i giornalisti assicurati all’Inpgi- che fruiscono di pensione maturata in regime retributivo.
Tale conclusione è confortata dall’interpretazione sia letterale che finalistica della norma. Sotto il profilo letterale, la norma fa espresso riferimento alla pensione di vecchiaia.
Sotto il profilo teleologico, invece, lo scopo della norma è quello di assicurare il contenimento della spesa pensionistica, il rispetto del patto di stabilità, nonché la sostenibilità del sistema previdenziale. Di conseguenza, sarebbe del tutto illogico consentire ai lavoratori, assoggettati a sistema retributivo – i quali, permanendo in servizio, potrebbero normalmente percepire, all’atto della fine del rapporto, una pensione più alta perché commisurata a una retribuzione presumibilmente superiore di quella di cui avrebbero goduto se collocati a riposo senza trattenimento- di fruire della possibilità di permanere in servizio. Essi, infatti, riceverebbero una pensione più favorevole, a fronte di una contribuzione non (o non necessariamente) commisurata all’entità del trattamento, ciò che rappresenta caratteristica propria del sistema retributivo.
Al contrario, nel regime contributivo e in quello misto, gli anni di trattenimento in servizio sarebbero coperti da una contribuzione in grado di sostenere (seppur nella valutazione globale di sistema) il miglioramento del trattamento pensionistico, cosicché la differenza di pensione a beneficio dell’assicurato non comporterebbe squilibri finanziari, mentre lo Stato guadagnerebbe, risparmiando fino a 5 anni di erogazione del trattamento pensionistico.
L’inapplicabilità dell’art. 24 del “Salva Italia” ai giornalisti esclude, di conseguenza, la tutela reale in ipotesi di licenziamento per sopraggiunti limiti di età, prevista dal CCNL di categoria.
Ciò vale a maggior ragione in relazione ad un giornalista – quello che ha instaurato la controversia in oggetto – che ha svolto continuativamente, per oltre 10 anni, mansioni dirigenziali, anche in ipotesi di eventuale assegnazione a mansioni pretesamente deteriori. Infatti, il mutamento di mansioni – anche nel caso di demansionamento – non comporta la perdita della qualifica dirigenziale, né l’applicabilità dell’art. 18 St. Lav. in ipotesi di licenziamento.
Ciò vale anche nell’ipotesi in cui la temporaneità dell’incarico dirigenziale sia prevista dal CCNL di categoria in relazione a talune mansioni. In questo caso, infatti, la scadenza dell’incarico comporta il diritto all’assegnazione di mansioni equivalenti, non certo la perdita della qualifica, non potendosi interpretare la clausola del CCNL nel senso di consentire una deroga in peius all’art. 2103 cod. civ. (norma che sancisce la nullità di ogni patto contrario al divieto di demansionamento e all’irriducibilità della retribuzione).
Da ultimo, la sentenza ha evidenziato che, laddove sia esclusa l’applicabilità dell’art. 18 al rapporto di lavoro (considerate, nel caso di specie, l’inapplicabilità del trattenimento in servizio e la qualifica dirigenziale del giornalista), la domanda di reintegrazione proposta nell’ambito di un procedimento instaurato secondo il “rito Fornero” deve essere rigettata nel merito.
La domanda, proposta in via subordinata, di pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare è, invece, inammissibile poiché, con il suddetto procedimento speciale, non è consentito proporre domande incompatibili con la tutela reale o che ne presuppongano l’esclusione.

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