24 Aprile 2024, mercoledì
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Scandalo Mose, Galan: non ho colpe. Ma la procura lo gela: affari per 50 milioni di dollari

“Mi viene da dire finalmente, perché dopo 20 giorni posso finalmente parlare. Per rispetto della magistratura non ho parlato prima, perche’ volevo che i magistrati mi ascoltassero e volevo che fossero i primi a farlo. Non hanno voluto farlo e ora io sono qui, perche’ in questo frattempo sono state scritte tutte le peggiori infamie sul sottoscritto, sono stato investito da un ciclone giudiziario, umano e mediatico che mai avrei pensato, anche perché non ho le colpe che mi vengono attribuite dai miei tre accusatori”. Così Giancarlo Galan (FI), nella conferenza stampa alla Camera, dal titolo emblematico ‘Adesso parlo io’, in merito alle accuse rivoltegli nell’ambito dell’inchiesta Mose, per cui i pm hanno chiesto l’autorizzazione alla Camera alla custodia cautelare. Galan non ci sta: “Io so che il politico è un mostro, ma mi aspettavo più rispetto nei confronti miei e della mia famiglia”.
Galan poi entra nel dettaglio delle accuse che gli sono state mosse. “La casa fu acquistata a un’asta giudiziaria nel 1999 per 300 milioni di lire da un dentista di Pantelleria, dopo che l’asta era andata deserta 15 volte. Io la compro nel 2005 per un prezzo di poco inferiore a un milione di euro, quindi la pago sei volte tanto, perché era già restaurata”, racconta Galan, mosrando le foto della casa prima che la comprasse, “altro che restauro miliardario, balle!”, alza il tono Galan. “Il dentista l’ha restaurata prima, le cifre che ho speso io sono 400 milioni nella parte centrale e 300mila euro, in tutto 700mila euro per i quali ho contratto mutuo per 200 mila euro, e i lavori non sono finiti nel 2011 ma nel 2007, perché ci dormivamo e pagavo le bollette, nel 2009 al mio matrimonio Silvio Berlusconi ci ha dormito. Una colpa la ammetto: abbiamo tardato la dichiarazione di fine lavori per un motivo fiscale, per il pagamento dell’Ici”, confessa Galan. L’ex governatore veneto parla di “colossali fesserie” a proposito della sua condizione patrimoniale: “Non esiste neppure una prova che io abbia ricevuto denaro dai soggetti che mi accusano, esistono invece molte prove che loro abbiano preso e maneggiato soldi ma mai che questi soldi li abbiano dati a me, anzi Baita lo conferma in un’intervista il 7 giugno”.
Non solo, l’ex governatore veneto smentisce anche di avere “18 conti correnti” e di avere “interessi in Indonesia sul gas”. “Io ho un attivo di 702 mila e rotti euro, non sono nato entrando in politica eppure del patrimonio accumulato prima nessuno ne tiene conto, soprattutto la Guardia di Finanza” che calcola solo “l’imponibile” da quando “sono in politica, “è l’unica voce che la GdF mette a mio carico, ma si dimentica altre voci che sono il 70-80%” del reddito. E ancora: “Io non sapevo di avere 18 conti correnti, tra cui il telepass, il Banco popolare socio coop che non so neppure cosa sia”, insiste Galan. Quanto agli “interessi nascosti in Indonesia, io non sapevo neppure che in Indonesia ci fosse del gas, a me del gas in Indonesia non me ne frega proprio niente”.

Ma la procura insiste: affari per 50 milioni di dollari

Ma la Procura è di tutt’altro avviso: nelle carte dell’inchiesta Mose si parla di “cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico” nell’ordine di 50 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del ‘prestanome’ Paolo Venuti, per le quali emergerebbe “la riconducibilità alla famiglia Galan”. Lo affermano i pm nella richiesta al gip degli arresti del 4 giugno scorso.

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