23 Aprile 2024, martedì
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Emigro, ma non in Europa

Sarà proprio vero che centinaia di migliaia di migranti africani sono alle porte dell’Europa, pronti ad invaderla passando per i paesi più vulnerabili del sud, primi avamposti del continente sognato?

Le cronache degli ultimi anni ci hanno abituato agli sbarchi al largo delle coste di Lampedusa e della Sicilia e alle immagini delle “carrette del mare” stracariche di uomini e donne ridotti allo stremo.

Ci siamo un po’ assuefatti anche alle tragedie: l’inabissamento di alcuni di questi barconi suscita occasionali ed effimeri moti di sdegno e rammarico nell’opinione pubblica.

Ci siamo altrettanto persuasi che, dalle “periferie del mondo”, tutti guardano alle propaggini del Vecchio Continente come a un miraggio.

Ma l’Europa rappresenta davvero una meta così ambita per i migranti africani?

Mali snodo di immigrati
Basta immergersi nella composita realtà dell’Africa subsahariana per rendersi conto di come la storia offra lezioni significativamente differenti. Una di queste è rappresentata dal caso del Mali.

Situato nella regione dell’Africa nord-occidentale e privo di sbocco sul mare, il Mali è storicamente riconosciuto come importante snodo di transito d’influenti flussi migratori diretti verso la regione del Maghreb e l’Europa meridionale, è da sempre soggetto a movimenti interni stagionali di pastori nomadi ed è, al tempo stesso e in primo luogo, la terra natale di migliaia di migranti che lasciano ogni anno il paese in cerca di fortuna.

L’inospitalità del territorio, occupato quasi completamente dal deserto del Sahara e dalla fascia arida e semidesertica del Sahel, e le gravi condizioni di arretratezza in cui versa il paese, hanno spinto quasi un quarto della popolazione ad emigrare.

Dei suoi quindici milioni di abitanti, infatti, circa quattro vivono all’estero. In duecentomila risiedono in Europa ma, la maggior parte degli emigrati maliani si è stabilita nei paesi limitrofi. Tra le mete privilegiate dai maliani, si trovano la Costa d’Avorio, la Nigeria, il Niger e il Burkina Faso. I nuovi paesi di destinazione, invece, sembrano essere la Guinea Equatoriale e l’Angola.

Il Mali offre un chiaro esempio di come non sempre si fugga dall’Africa per emigrare verso i paesi dell’Occidente, ma di come, al contrario, ci si sposti con molta più probabilità all’interno del continente, mossi da fattori contingenti, legati per lo più alle condizioni socio-economiche, alle evenienze geo-politiche e alle catastrofi naturali.

Migrazioni di ritorno
Un interessante rapporto, pubblicato a fine gennaio 2014 dal Delegato Generale dei Maliani all’estero, sembra confermare questa tendenza. L’interesse di questo studio è dato dal fatto che il fenomeno della migrazione viene analizzato da un punto di vista inedito, a partire cioè dalle ‘migrazioni di ritorno’.

La ricerca prende in esame i casi di rimpatrio (volontario o forzato) dei migranti maliani nel periodo 2002-2013. I dati confermano come, negli ultimi undici anni, i maliani abbiano preferito fuggire a povertà, guerre e carestie non per cercare migliori opportunità in un paese europeo, ma per trovare fortuna nelle economie emergenti dei paesi vicini. Degli 89.134 migranti maliani rimpatriati dal 2002 al 2013, infatti, solo il 6,7% è rientrato in Mali da paesi europei (5.947) mentre il 91,7% ha fatto ritorno nel paese di origine da paesi africani (81.755).

Secondo gli ultimi dati raccolti dalla Banca Mondiale, il 43,6 % della popolazione maliana vive al di sotto della soglia di povertà. Il tasso di alfabetizzazione è stimato tra il 25 e il 40 % e quello di mortalità infantile è tra i più elevati al mondo. La speranza di vita supera difficilmente i 55 anni. L’aumento della pressione demografica è costante e vertiginoso: la popolazione del Mali cresce a un tasso medio annuo del 3%.

Anche la situazione alimentare è preoccupante: le regioni del sud, più fertili e temperate, soffrono una malnutrizione acuta pari all’8,6% (il livello d’allarme si attesta al 10%) e nei territori desertici del nord, il valore tocca il 13-15%. Questi dati, che confinano il paese alla 182°esima posizione su 187 stati dell’Indice di Sviluppo Umano stilato dalle Nazioni Unite nel 2013, aiutano a comprendere la serietà dei fattori che spingono i maliani a continuare a scegliere di emigrare.

Guerra civile in Mali
Vale la pena indagare il caso del Mali anche partendo dalla cronaca degli ultimi anni, segnati da una violenta guerra civile, consumatasi nelle regioni del nord, tra il governo centrale e il movimento tuareg infiltrato da islamisti. Tale conflitto ha costretto la popolazione del nord del paese, già provata dalla siccità e dalla fame, a spostarsi verso sud generando un aumento dei flussi migratori interni ed esterni.

Secondo i dati raccolti dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, a fine novembre 2013, si contavano 168 mila rifugiati maliani e gli sfollati interni ammontavano a circa 256 mila. Dopo mesi di scontri e un intervento internazionale, la stabilità sembra ripristinata, sebbene permangano timori d’infiltrazioni e il paese continui a dover affrontare la propria atavica realtà di popolo di migranti.

Il fenomeno migratorio maliano deve essere collocato nel più ampio quadro delle ‘migrazioni sud-sud’ che interessano le aree più povere e disperate del pianeta e muovono ingenti flussi di persone. Ben più della metà degli emigrati africani, infatti, vive nel rispettivo continente d’origine e le migrazioni verso l’Europa hanno una rilevanza marginale rispetto ai movimenti interni al continente.

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