26 Aprile 2024, venerdì
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Processo telematico, le inefficienze rischiano di ricadere sugli avvocati

Si chiama “Watson” ed è un personal computer pensante al quale stanno lavorando da qualche tempo alla IBM. Ancora il progetto è nella fase sperimentale, ma i ricercatori della nota azienda americana non disperano di riuscire a creare a breve un’intelligenza artificiale che sia in grado di elaborare dati in maniera ragionata e di dare risposte a domande del tipo «la vendita di videogame violenti dovrebbe essere vietata ai minori?».

La scadenza
 
In Italia invece sarebbe al termine della fase di sperimentazione il deposito telematico degli atti processuali o, più enfaticamente, il «processo civile telematico». Il 30 giugno, infatti, diventerà obbligatoria la trasmissione in via telematica degli atti endoprocessuali (per essere chiari, tutti gli scritti difensivi successivi alla costituzione in giudizio) e dei ricorsi per decreto ingiuntivo.
In realtà la certezza della data sta cominciando a vacillare perché da più parti si stanno innalzando grida di allarme sul ritardo del Ministero nel completamento dei lavori per la informatizzazione di tutti i tribunali italiani.

I ritardi e gli errori
 
Stando ad una recente indagine dell’Aiga, effettuata su un campione di 80 uffici giudiziari, saremmo in presenza di «una situazione “a macchia di leopardo” che rende momentaneamente zoppo il processo telematico stesso, tanto da far legittimamente ritenere impraticabile l’effettivo avvio alla data del 30 giugno 2014 dell’obbligo del deposito telematico degli atti in sede civile» (Guida al Diritto on-line del 12 maggio 2014).

In realtà la zoppia del progetto dipende non solo dai ritardi dell’amministrazione della giustizia, ma anche – forse – dal fatto, come hanno ben evidenziato in tanti, di averlo immaginato pensando al processo disciplinato dall’attuale codice di rito.
Un esempio svetta su tutti: la necessità, affinchè il deposito dell’atto possa considerarsi completato, che il cancelliere verifichi la busta e la accetti.

Ciò costringerà gli avvocati ad un snervante “test di gravidanza” (normalmente ogni redattore attribuisce alle diverse fasi dell’invio differenti colori che mutano a seconda degli esiti) e che appare sin d’ora una complicazione davvero incompatibile con le ambizioni del processo civile telematico, prima tra tutte quella di semplificare e rendere più efficiente il funzionamento della amministrazione giudiziaria.

Tanto più poi se, come è abbastanza prevedibile, le cancellerie saranno in grado di evadere questi controlli solo a distanza di giorni dalla data della trasmissione.
Non minori difficoltà si registreranno nell’invio degli allegati, a causa della loro dimensione e della capienza massime (30 mega) della “busta”.

Quei professionisti che da un anno e mezzo si cimentano con gli incarichi di curatore fallimentare, conoscono perfettamente il problema e sanno quanta fatica e tempo sono necessari per riuscire a depositare in cancelleria in via telematica le istanze dei creditori di insinuazione al passivo corredate di tutta la documentazione.

La ‘copia di cortesia’
 
Se poi, come sembra stia già accadendo, tanto che i protocolli che si stanno predisponendo nei singoli tribunali cercano di stabilire alcune regole, ciascun avvocato dovesse pure depositare una ‘copia di cortesia’ per il magistrato, perché la visualizzazione a video degli atti non ne consente una comoda e veloce consultazione, sarebbe definitivamente vanificato anche il modesto vantaggio di non dovere più accedere nelle cancellerie per curare l’incombente del deposito.

Con evidenti duplicazioni di costi per gli avvocati, che già oggi stanno sostenendo esborsi per adeguare i propri studi alle nuove necessità e che auspicherebbero, tanto più con questi chiari di luna per quanto concerne i redditi, che questi investimenti almeno semplificassero la vita professionale.

Gli oneri per gli avvocati
 
Ben vengano, infatti, i preventivati risparmi di spesa che riuscirà a conseguire il ministero, dopo che avrà ammortizzato l’investimento iniziale della informatizzazione della giustizia civile, ma non sulle spalle degli avvocati attraverso la consueta esternalizzazioni di tutta una serie di fasi che sino ad oggi sono state di competenza degli uffici.

C’è da augurarsi, quindi, che il processo civile telematico, certamente una opportunità se realmente finalizzato alla efficienza e se realmente studiato per sfruttare al massimo le potenzialità delle “macchine”, sia implementato rimuovendo quelle farraginosità che oggi ne limitano la attuazione.

Certo, se poi un giorno divenisse realtà il computer in grado di dare risposte, anche alla domanda di giustizia, allora la società potrebbe fare anche a meno dei magistrati e degli avvocati. Lo Stato Italiano ed i cittadini risparmierebbero senz’altro, ma vivremmo davvero in un mondo migliore?

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