18 Aprile 2024, giovedì
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Lavoro, schiaffo ai burocrati. Poletti: chi critica dove era mentre la disoccupazione aumentava?

Contratto a termine senza causale per un periodo massimo di tre anni e con il limite ulteriore di non poter superare il 20% della forza lavoro e parziale semplificazione dei contratti di apprendistato, sui quali anche i governi precedenti avevano puntato, ma senza riuscire nell’intento. Queste le novità più importanti del dl 34 convertito in legge giovedì scorso. I tre voti di fiducia resisi necessari per il passaggio parlamentare la dicono lunga su quanto sia stata aspra la battaglia politica intorno a una riforma che tutti gli addetti ai lavori considerano andare nella direzione giusta, seppure con una dose eccessiva di timidezza. Si poteva fare di più. Ma non ci si è riusciti per l’opposizione del modo sindacale e dei suoi addentellati politici. È la prima volta (e questa è la vera rivoluzione contenuta nel dl 34) che una riforma in materia sindacale viene annunciata e gestita senza la concertazione sindacale. Un vero e proprio schiaffo per Cgil e soci che non hanno preso bene questo ridimensionamento politico e hanno fatto di tutto per stravolgere il progetto iniziale. Riuscendoci parzialmente con il primo passaggio alla Camera, ma dovendo poi subire una riformulazione al Senato nel senso di una maggiore liberalizzazione. Renzi ha dovuto accettare qualche compromesso, come il preambolo, introdotto dal parlamento, che conferma il contratto a tempo indeterminato come la forma normale di rapporto di lavoro, una concessione all’ideologia sindacale, di scarso impatto pratico. Ma ha portato a casa una semplificazione del contratto a tempo determinato che dovrebbe essere in grado di produrre qualche effetto positivo sulla riduzione della disoccupazione giovanile ormai arrivata alla percentuale mostruosa del 42%.

Poletti:un anno per verificare se il decreto funziona. Altrimenti si cambia

Il governo verificherà  tra 12 mesi l’esito del decreto legge  lavoro, pronto a cambiare qualcosa se gli esiti non dovessero essere positivi. Lo ha affermato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che intanto difende il proprio provvedimento, sostenendo che il contratto di apprendistato “è  già più applicabile di prima. Il Jobs Act è il primo passo per la ripresa,  ci aspettiamo di aver dato un segnale al paese”, ha detto il numero uno del ministero di via Flavia.  “I numeri ci dicono che questa legge è l’esatto opposto della precarizzazione, ci dà contratti a termine più  lunghi e la possibilità di stabilizzarli al termine”. Ma, avverte, “se constateremo che abbiamo sbagliato la cambieremo. Tra 12 mesi verifichermo gli esiti, se saranno positivi insisteremo e se invece dovessero dimostrare che non abbiamo infilato la strada giusta la cambieremo”. Sulle misure contenute nel Job Act Poletti ha reagito duramente alle critiche ricevute. “Ci sono 2,3 milioni di giovani disoccupati, dove eravate mentre questo succedeva? Al mare? E allora tornateci e lasciateci lavorare. Lasciateci fare questo pezzo di strada, l’apprendistato, l’alternanza scuola-lavoro significa misurarsi con i problemi che ci sono, e l’apprendistato così come l’abbiamo configurato è  già più applicabile di prima”. Secondo Poletti le discussioni sul provvedimento “ormai riguardano il passato. La norma c’è e bisogna guardare avanti, agli effetti che ha e lavorare sulle deleghe presentate al senato, che hanno già iniziato il percorso. I tempi sono rapidi, dobbiamo essere pronti con i decreti e prepararci ad applicare bene le deleghe”.   Il ministro ha confermato che il contratto a tutele crescenti “è una delle opzioni più importanti che abbiamo davanti, noi la vogliamo perseguire” anche se, riconosce, “ha delle resistenze”. Poletti ha poi parlato del progetto europeo   Garanzia giovani, che prevede lo stanziamento di 1,5 miliardi di euro per l’Italia a sostegno dell’occupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni: “Stiamo facendo il lavoro che va fatto, abbiamo già 50mila giovani già registrati, mi pare un bel risultato nelle prime due settimane”.

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