25 Aprile 2024, giovedì
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I termini per le fusioni e scissioni di società

Nelle fusioni e scissioni di società non azionarie il termine per l’opposizione dei creditori scende a trenta giorni. Ponendo fine a un lungo dibattito, infatti, il Giudice del Registro delle imprese di Padova, Santinello, e l’Osservatorio del Registro delle imprese presso la camera di Commercio di Padova hanno così stabilito, pertanto uniformando il termine a quello previsto per le fusioni.

Riassumiamo i termini dell’importante questione, ricordando che il Notariato triveneto era giunto alle stesse conclusioni nei propri Orientamenti sin dal 2004.

Per esigenze di semplificazione, la norma di riferimento (art. 2505 quater del Codice civile) dispone che, nel caso di fusione tra società con capitale non rappresentato da azioni, sono ridotti alla metà i termini stabiliti da una serie di norme. Tra queste spicca l’art. 2503, primo comma, del Codice civile, in forza del quale ai creditori spetta, in ipotesi “normali”, un termine di 60 giorni per opporsi alla fusione. Nel caso di società non azionarie, il termine è quindi ridotto a trenta giorni. Quale è il problema, per la scissione? Questa viene, per larghi tratti, disciplinata per richiamo delle norme sulla fusione, ma tra tali norme non compare l’art. 2505 quater sulla riduzione a metà dei termini: di qui l’orientamento restrittivo espresso, fino a poco tempo fa, dal Registro delle imprese di Padova.

Ora il Registro delle imprese, con motivazioni assolutamente convincenti, ha superato il suddetto orientamento, aderendo così alla tesi espressa, tra l’altro, dagli Orientamenti del Comitato triveneto dei Notai in materia di atti societari. Tanti gli argomenti a supporto. In primis, secondo il Giudice del Registro delle imprese <il procedimento di scissione è strutturato e articolato nei medesimi termini di quello di fusione ed è regolamentato attraverso la tecnica del rinvio alle disposizioni in materia di fusione: conseguentemente la mancata previsione del termine più breve per l’opposizione all’operazione, quando non siano coinvolte società azionarie, deve ritenersi frutto di un mero difetto di coordinamento>.

L’opposizione, in secondo luogo <è diretta, come nella fusione, alla conservazione della garanzia patrimoniale generica del ceto creditorio, che non è compromessa nella scissione ma che è, al contrario, salvaguardata dal Codice civile che prevede la responsabilità sussidiaria e solidale delle società partecipanti all’operazione senza la previsione di un beneficiumexcussionis>. Ancora, il provvedimento pone in rilievo le esigenze di semplificazione e snellimento procedurale che hanno ispirato il legislatore della Riforma, sulla base della legge delega che imponeva al legislatore di perseguire l’obiettivo prioritario di favorire la nascita, crescita e competitività delle imprese e di semplificare la disciplina delle società, tenendo conto delle esigenze delle imprese e del mercato concorrenziale: <Questo principio giustifica pertanto un’interpretazione del decreto delegato volta a valorizzare la riduzione degli oneri procedurali>. Da ultimo, quando il legislatore ha voluto introdurre differenze di disciplina tra i due istituti lo ha fatto espressamente.

A cura del Prof. Giuseppe Catapano

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