16 Aprile 2024, martedì
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“Abogados”, per l’avvocato generale Ue spetta l’iscrizione all’Albo italiano

Se la Corte Ue accoglierà le conclusioni dell’avvocato generale Nils Wahl agli «abogados» trasferiti in Italia non potranno più essere posti ostacoli o paletti per l’iscrizione all’albo. Secondo le Conclusioni (cause riunite C-58/13 e C 59/13), infatti, la direttiva (98/5/CE ) sul diritto di stabilimento degli avvocati non ammette la prassi italiana di rifiutare – con la motivazione dell’abuso del diritto – l’iscrizione all’albo degli avvocati (nella sezione speciale riservata a chi ha ottenuto la qualifica all’estero) da parte di chi poco dopo aver ottenuto il titolo facciano rientro in patria.

La questione di partenza
 
La vicenda parte dal ricorso di due cittadini italiani che, dopo aver acquisito il diritto di usare il titolo professionale di «abogado» in Spagna, hanno richiesto l’iscrizione al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Macerata senza però ottenere risposta. Da qui il ricorso al Cnf che ha deciso di deferire alla Corte, in via pregiudiziale, due questioni riguardanti l’interpretazione e la validità della direttiva 98/5, alla luce dei principi che vietano l’«abuso del diritto» e impongono il «rispetto dell’identità nazionale».

Lo scopo della direttiva
 
L’avvocato generale (dopo aver chiarito che il Consiglio nazionale per via della sua composizione «imparziale» può adire in via pregiudiziale la Cgue) ricorda che lo scopo della direttiva è quello di facilitare l’«esercizio permanente» della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale. E il diritto di scegliere lo Stato membro nel quale acquisire il loro titolo professionale inerisce alle libertà fondamentali garantite dai trattati dell’Unione.

Nessun paletto all’iscrizione
 
Per cui la presentazione all’autorità competente dello Stato ospitante (l’Italia) di un certificato di iscrizione presso l’ordine dello Stato di origine (la Spagna) è l’«unico requisito» necessario per l’iscrizione all’albo. È, invece, ininfluente il fatto che l’avvocato abbia o meno la cittadinanza dello Stato membro ospitante. Il legislatore dell’Unione «non ha infatti inteso consentire agli Stati membri di attuare discriminazioni alla rovescia escludendo i propri cittadini dai diritti conferiti da tale direttiva». 

Inoltre, sempre secondo l’Avvocato generale, la Corte ha già statuito che la direttiva non consente che l’iscrizione di un avvocato nello Stato membro ospitante possa essere subordinata ad ulteriori condizioni (come ad esempio un colloquio inteso ad accertare la padronanza della lingua o lo svolgimento di un determinato periodo di pratica o di attività come avvocato nello Stato membro di origine). Se non è richiesta alcuna precedente esperienza per esercitare, ad esempio, come «abogado» in Spagna, non vi è ragione di richiedere una tale esperienza per esercitare con il medesimo titolo professionale («abogado») in un altro Stato membro. 

No all’abuso del diritto
 
A tal riguardo, non può essere attribuita alcuna importanza al fatto che l’avvocato intenda approfittare di una normativa estera più favorevole o che egli presenti la domanda di iscrizione all’albo poco dopo aver ottenuto il titolo professionale all’estero.

Rischio di compromissione della direttiva
Pertanto, l’avvocato generale ritiene che una prassi come quella italiana possa pregiudicare il corretto funzionamento del sistema creato dalla direttiva e quindi compromettere seriamente i suoi obiettivi.

Qualora tuttavia le autorità dello Stato ospitante, in un caso specifico, sospettino una condotta fraudolenta e, in seguito ad un’indagine approfondita, accertino che ricorrono entrambi gli elementi, oggettivo e soggettivo, di un abuso, non è loro precluso respingere una domanda.

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