29 Marzo 2024, venerdì
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Brescia come Seveso, diossina sull’erba. Giardini vietati ai bimbi

Brescia come Seveso: diossinadappertutto. Ce n’è anche sull’erba, tanto che i giardini sono vietati ai bambini. Colpa dell’impianto chimico della Caffaro, riferisce Niccolò Zancan sulla Stampa nel suo reportage su quello che definisce

“il più grave caso di inquinamento ambientale del Nord Italia, forse più grave persino di Seveso”.

L’azienda in realtà è fallita, ma la terra “è avvelenata in profondità”. Lo sanno anche gli alunni della scuola elementare Deledda:

“«Possiamo fare ricreazione solo sulla pista di cemento», dicono. «Stiamo sulle piastrelle». «Quando cadi è brutto». «Se corriamo fuori dalla pista, la maestra ci sgrida». «Mio papà mi ha detto che se tocco l’erba mi sporco con qualcosa che non si può più lavare». «Mia madre dice che mi ammalo»”.

Ogni sei mesi il Comune di Brescia firma un’ordinanza in cui si rinnovano le limitazioni all’uso del suolo perché continuano ad esserci “condizioni di pericolo per la salute pubblica”. Quindi vietato coltivare frutta o verdura, vietato anche solo calpestare l’erba, giocare a palla, fare jogging.

Sono avvelenati 2.100 ettari di terreno, 50 chilometri in linea d’aria. Cioè tutto ciò che sta a valle dell’industria chimica Caffaro, che dal 1906 incombe su Brescia, a meno di un chilometro dal centro storico.

Scrive Zancan:

“Produceva soda caustica, poi i famigerati Pcbfino al 1984. Erano anni in cui i policlorobifenilivenivano impiegati nei condensatori e nei trasformatori elettrici come una specie di olio isolante. Così la Caffaro ne produceva fino a 2.500 tonnellate all’anno. E gli scarti di lavorazione, giù dagli scarichi della fabbrica, andavano a marchiare a morte il territorio”.

Tra gli effetti tossici cronici dei Pcb un opuscolo della Asl enumera effetti cancerogeni, con un’evidenza ritenuta sufficiente per il melanoma e limitata per illinfoma non-Hodgking e il cancro al seno. 

 

Il primo a capire la gravità della situazione è stato Marino Ruzzenenti, insegnante di storia in pensione, ambientalista. Dopo quattro anni di indagini, nel 2001 ha scritto un libro. La Procura aveva aperto subito un’inchiesta. Ma nulla è cambiato. Il processo di bonifica non è mai partito. 

Eppure, spiega Ruzzenenti, anche se la Caffaro è fallita e sta per chiudere,

“sotto la fabbrica c’è un inquinamento pazzesco, fino a 35 metri di profondità. Quando bloccheranno il sistema di pompaggio, che garantisce la messa in sicurezza della falda, si scoperchierà un problema enorme. Con rischio di inquinamento persino più disastroso”.

Le indagini sono su reati ormai prescritti. A Milano c’è un procedimento in sede civile nei confronti della Caffaro per eventuali risarcimenti. Il ministero dell’Ambiente ha chiesto 3 miliardi di euro per le bonifiche di Brescia, Tor Viscosa e Colleferro.

Scrive Zancan:

“Ora gli studiosi si affannano a trovare dati attendibili sui casi di mortalità. Mentre c’è chi aveva già capito tutto, molto modestamente, stando a contatto con la terra. «Nel 2001 sono venuti gli ispettori. Hanno bruciato le mie mucche, i vitelli, i conigli. Hanno voluto persino i polli che tenevo nel freezer», dice il contadino Pierino Antonioli. Ha una cascina nella zona sud, alla fine della città. Ma questa terra non può più essere coltivata, tutto il suo mondo è stato dato alle fiamme. Nel sangue di Pierino Antonioli hanno trovato un livello di Pcb pari a 290, quando la soglia massima accettabile è 15. Sua madre Luigia ha toccato quota 700.

“«Guardate questo articolo – dice Pierino Antonioli con un sorriso pieno di amarezza – è datato 31 luglio 1968. Titolo: “Bruciata dall’acqua avvelenata dagli scarichi la campagna di Chiesanuova”. Questo qui sotto, nella foto, sono io giovane. Mi ero accorto che c’era qualcosa di strano. L’acqua di irrigazione faceva schiuma. Seccava subito le piante. Fossi stato un signore mi avrebbero ascoltato…».”.

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