27 Aprile 2024, sabato
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A Bologna Coopservice paga 2,80 euro all’ora

Hanno appeso le mutande davanti al rettorato dell’università di Bologna. Il rettore, il filosofo Ivano  Dionigi, alza le braccia al cielo. Qualche colpa l’ateneo ce l’ha, ha esternato, per risparmiare, il servizio di custodia della biblioteca di palazzo Paleotti. Ma non si aspettava, assicura Dionigi, che la cooperativa rossa, cioè di Legacoop, l’organizzazione di cui fino a ieri è stato presidente il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, trattasse in questo modo i suoi dipendenti. La loro remunerazione, busta paga alla mano, è di 2,80 euro l’ora e la giornata lavorativa può durare, secondo le esigenze, anche 11 ore. Da qualche tempo è incominciata la ribellione ma le proteste non hanno finora ottenuto alcun risultato. Perciò i lavoratori sono passati a quelle che chiamano iniziative esemplari, la prima è appendere le mutande in università. «Con quello che portiamo a casa»,dice Antonella Zago, del sindacato di base Cub, «siamo finiti davvero in mutande, anzi senza neppure più quelle, come si fa a vivere con 2,80 euro l’ora?». La cooperativa sotto accusa è la Coopservice. Ha vinto l’appalto e ha cancellato tutto il pregresso ai dipendenti, decidendo di applicare un nuovo contratto, quello degli operatori per la «vigilanza e servizi fiduciari». Il che ha comportato la perdita di anzianità, quattordicesima, buoni pasto e il taglio di quasi la metà dello stipendio che prima pagava l’università, ora ridotto appunto a 2,80 euro l’ora. Cgil e Cisl hanno accettato queste condizioni ma nessuno dei dipendenti ha approvato ed è iniziata la mobilitazione. «Lavoro qui da 11 anni», spiega una delle dipendenti. «Le mie mansioni non sono mai cambiate, offro assistenza informatica a studenti e professori, faccio front office e lavoro circa 11 euro al giorno per 6 giorni a settimana. Sa quanto mi dà la coop?  750 euro al mese, 800 se decido di lavorare tutte le domeniche, quindi 7 giorni su 7». Altri dipendenti di biblioteche e servizi universitari, finiti con gli appalti, alla Coopservice, sono in procinto di fare la stessa fine dei 13 dipendenti della biblioteca di palazzo Paleotti che hanno incominciato la mobilitazione. Ormai sulle barricate sono oltre un centinaio, cioè tutti coloro che finiranno nel calderone coop. «Chiediamo all’ex-presidente Poletti se la sbandierata mutualità e solidarietà cooperativa è questa». In verità dopo gli scioperi e i conseguenti disservizi, ma anche in seguito alla solidarietà espressa dal rettore, Cgil e Cisl si sono incontrare con Coopservice e hanno firmato un altro accordo: un aumento della retribuzione oraria. Quanto? 0,80 euro lordi. Col risultato di fare arrabbiare ancora di più i dipendenti coop. «Qui non si svolgono mansioni di vigilanza», aggiunge Zago, «ma si offre assistenza tecnica e bibliografica a studenti e professori, si gestiscono aule e corrispondenza, si fanno manutenzione alle apparecchiature. E tutto per un contratto da fame, vergognoso in ogni caso, tanto più se si parla di una cooperativa. Inoltre l’università sostiene di pagare alla coop tra i 15 e i 17,5 € l’ora. Ci chiediamo dove finiscono questi soldi se ai lavoratori ne arrivano 2,80». Fa eco una docente (di filologia romanza), Giuseppina Brunetti: «Mi rendo conto della situazione, sono persone di fiducia,  sempre disponibili e collaborative, bisogna chiarire». Lo stesso rettore, di fronte alle mutande stese, dice: «Seguo con attenzione e anche con preoccupazione la situazione economicamente anomala in cui versano i dipendenti della Coopservice: per questo mi sto adoperando affinché al più presto venga trovata una soluzione che riconosca le legittime istanze dei lavoratori» Pure gli studenti hanno solidarizzato e anche loro hanno appeso la biancheria intima, con la scritta: «la coop lascia in mutande. Poletti non hai niente da dire?». Proprio a Poletti alcuni deputati di Sel hanno presentato un’interrogazione: «cosa ne pensa il ministro delle retribuzioni orarie per i dipendenti stabilite da Coopservice? È questa l’idea di valorizzazione del lavoro che ha in mente il nuovo governo?». Un messaggio al ministro, ma di tutt’altro tenore, lo ha mandato il presidente di Coopservice, Roberto Olivi: «vogliamo esprimere la nostra soddisfazione per la nomina di Poletti a ministro del Lavoro, sottolineandone l’importanza e la novità. Siamo un’azienda cooperativa che impegna l’80% del proprio bilancio per i suoi 12.000 dipendenti e la scelta di coinvolgere il nostro principale rappresentante in questa difficile sfida ci riempie di orgoglio». Il bello è che i 13, cioè l’avanguardia dei sottopagati, lavorano in una biblioteca e sala studio multimediale che è un vanto dell’ateneo. Quindi da un lato vi è il fiore all’occhiello tecnologico dell’università e dall’altro il salario inverecondo. Coopservice è leader, in alcune regioni, nella sorveglianza, nei sistemi di sicurezza, nelle pulizie e nella vigilanza privata. Per la prima volta si occupa anche di università. Fattura oltre 600 milioni di euro e ha un patrimonio netto di 157 milioni.  A difendere l’operato della coop è Salvatore Fiorentino, direttore del comparto vigilanza e sicurezza: «Abbiamo applicato il contratto nazionale sottoscritto con le sigle più rappresentative. Non metto in dubbio che i dipendenti facciano fatica. Affermo però che quanto applicato da Coopservice è assolutamente legittimo». L’ultima assemblea dei dipendenti e degli studenti, nei giorni scorsi, ha approvato un documento: «Si tratta di un accordo implicito, di quelli di tipo familiare nella Bologna rossa, tra Pd, Legacoop e università, che punta al massimo ribasso del costo del lavoro. Poi, ancora come parte del gioco, assistiamo allo scarica barile reciproco tra i soggetti coinvolti». Per Coopservice non c’è solo questa grana bolognese. All’azienda sanitaria di Monselice ed Este i sindacati sono scesi in sciopero «contro i tagli feroci», la Cgil di Chieti protesta perché «da qualche tempo diciotto lavoratori su settanta dipendenti della Coopservice sono finiti in cassa integrazione: perdita di salario e rischio del posto di lavoro non sono da addebitare, come si vuol far credere da parte dell’azienda, genericamente alla crisi, ma ai tanti errori che il management aziendale ha commesso nel tempo avendo utilizzato le migliori energie in lotte intestine», al policlinico di Tor Vergata 39 dipendenti sono stati licenziati: «la motivazione ufficiale è che i tagli sono un effetto della spending review, denunciano Cgil, Cisl e Uil, ma visto che tutte le altre ditte che operano nel settore dei servizi della sanità di Roma hanno trovato forme di risparmio che non toccano i posti di lavoro o le retribuzioni, vuol dire che la verità è un’altra: la Coopservice vuole mano libera nell’organizzazione del lavoro attraverso la flessibilità selvaggia». Coop sei tu, chi può darti di più?

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