26 Aprile 2024, venerdì
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Risposta italiana alle calamità naturali

Nel campo della sicurezza dei cittadini l’Italia ha un ruolo in Europa maggiore di quanto sembri. Così come l’Ue ha sostenuto la risposta italiana ai recenti disastri naturali più di quanto ne fosse a conoscenza l’opinione pubblica.

Negli ultimi anni l’Italia è stata spesso colpita da disastri naturali e antropici, basti ricordare tra questi i terremoti dell’Aquila nel 2009 e dell’Emilia Romagna nel 2012, o il deragliamento di Viareggio nel 2009. Questi eventi hanno portato l’attenzione sui meccanismi di gestione delle crisi a livello nazionale nonché sull’importanza di un’azione coordinata in ambito Ue al fine di rendere la risposta alle emergenze più efficace.

Il funzionamento del sistema italiano di risposta a crisi quali epidemie e disastri naturali (terremoti, incendi, alluvioni, frane, ecc), incidenti industriali e nel settore dei trasporti, danni alle infrastrutture critiche (es. blackout), nonché atti terroristici è stato oggetto di uno studio IAI che sarà presentato al pubblico durante una conferenza a Roma il 3 aprile.

La ricerca ha analizzato gli aspetti caratterizzanti il sistema nazionale cosiddetto di “sicurezza civile”, l’interazione tra questo e altri Paesi nell’ambito di accordi multilaterali e bilaterali, nonché il livello europeo ed in particolare il ruolo dell’Ue in materia.

Italia e cooperazione transfrontaliera
Sia i singoli Stati membri che l’Unione sono sempre più impegnati a migliorare la risposta alle suddette crisi e minacce, e tale impegno si concretizza anche in diverse forme di assistenza e cooperazione cui i Paesi europei prendono parte.

L’Italia, oltre alla cooperazione in ambito Consiglio d’Europa, Ue, Nato, Osce, e Onu, ha preso parte a numerosi progetti con Paesi confinanti e non. Tra questi, vanno ricordati ad esempio il progetto Picrit (Protezione delle infrastrutture con rilevanza transfrontaliera) volto a trovare misure efficaci per affrontare i rischi naturali che colpiscono le aree transfrontaliere di Italia e Francia, e il progetto Fire (Force d’intervention rapide européenne) promosso nel quadro del Meccanismo europeo di protezione civile.

L’Italia ha inoltre partecipato ad altri progetti specifici dell’area mediterranea come Pprd-South Euromed (Programme for Prevention, Preparedness and Response to Natural and Man-made Disasters) o alle iniziative dell’Adriatic-Ionian Initiative (Aii). A livello bilaterale, l’Italia ha concluso accordi con 25 paesi, inclusi Stati membri dell’Ue e non.

Va segnalato inoltre che la cooperazione transfrontaliera può avvenire non solo a livello nazionale ma anche a livello locale. Infatti anche province e regioni possono avviare progetti per il potenziamento delle attività di preparazione e risposta focalizzate su aree geografiche specifiche: è il caso, ad esempio, della Regione Autonoma della Valle d’Aosta che ha partecipato al programma Alcotra 2007-2013 (Alpi Latine cooperazione transfrontaliera) per il monitoraggio di eventi sismici, rischi tecnologici e minacce di tipo Nbcr (nucleare, biologico, chimico, radiologico).

Oltre a promuovere progetti comuni, tali iniziative prevedono una concreta assistenza tra i soggetti che vi aderiscono, ad esempio tramite l’invio di equipaggiamento o personale di supporto alla gestione di un’emergenza.

L’Italia e il meccanismo europeo di protezione civile
Parallelamente all’attività e al ruolo svolto nella cooperazione transfrontaliera, il sistema italiano di sicurezza civile agisce in ambito europeo sia come beneficiario sia come contributore attivo.

Lo studio IAI indica ad esempio che tra il 2007 e il 2012 l’Italia ha attivato 9 volte il Meccanismo europeo di protezione civile al verificarsi di particolari disastri naturali, come terremoti, alluvioni o incendi boschivi, che hanno richiesto un supporto specifico da parte degli strumenti Ue, o di altri Stati membri dell’Unione come Francia e Spagna.

L’Italia ha anche ricevuto notevoli aiuti economici dal Fondo di solidarietà dell’Ue per fronteggiare i terremoti dell’Emilia-Romagna e dell’Aquila, risultando tra i principali beneficiari del Fondo: nel primo caso, lo stanziamento è stato di 670 milioni di euro, la maggiore somma mai messa a disposizione in risposta a disastri naturali dall’istituzione del Fondo stesso nel 2002.

Nel caso del terremoto in Abruzzo del 2009, il Fondo ha concesso aiuti pari a 493,8 milioni di euro, destinati a finanziare le operazioni di soccorso e i principali progetti edilizi per gestire l’emergenza abitativa della popolazione della zona dell’Aquila.

Se quindi l’Italia ha beneficiato in modo rilevante dello strumento europeo, si può dire altrettanto in merito al suo contributo, avvenuto soprattutto in termini di formazione, esercitazioni, programmi di scambio tra esperti e partecipazione alle attività organizzate dagli Stati partecipanti e cofinanziate dalla Commissione europea.

Ne sono un esempio l’assistenza che l’Italia ha fornito e fornisce ad altri Paesi dell’Unione oppure la partecipazione, il coordinamento e l’organizzazione di una serie di esercitazioni tenute a livello europeo, come Eu Terex in Toscana del 2010 – coordinata dal Dipartimento della Protezione Civile – Twist e Eu Taranis entrambe avvenute nel 2013.

In un’ottica più ampia, il ruolo di coordinamento e supporto nel settore della sicurezza civile da parte dell’Ue è via via aumentato e maturato nel tempo. A tale azione sempre più importante non corrisponde tuttavia una visibilità altrettanto rilevante in termini di opinione pubblica.

Infatti, secondo la rilevazione dell’Eurobarometro 393 del giugno 2012, i cittadini europei, compresi quelli italiani, non sembrano per nulla o quasi consapevoli né del ruolo di coordinamento dell’Unione né delle attività europee di protezione civile. Sebbene la visibilità del livello europeo in questo ambito sia carente, la maggioranza dei cittadini italiani ed europei è convinta che un’azione coordinata dell’Ue per affrontare le suddette crisi sia più efficace delle azioni individuali dei singoli Stati membri.

In questo senso, una maggiore comprensione e cooperazione tra l’Unione e i governi, nonché tra enti di diversi Stati membri, potrebbe contribuire a indirizzare meglio gli sforzi a livello nazionale ed europeo in un settore cosi importante e sensibile per la sicurezza dei cittadini.

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