25 Aprile 2024, giovedì
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Pescara. Acqua contaminata discarica Bussi: distribuita a oltre 700mila persone

Acqua contaminata dai veleni presenti della discarica Bussi è stata distribuita nel territorio di Pescara a oltre 700mila persone. L’acqua è stata usata anche da scuole e ospedali.

Questo è quanto emerge la mattina del 26 marzo dalla relazione dell’Istituto Superiore di sanità che ha analizzato per l’Avvocatura dello Stato le acque contaminate dalla mega discarica di veleni tossici nel pescarese.

“La qualità dell’acqua è stata indiscutibilmente significativamente e persistentemente compromessa”, prosegue la Relazione dell’ISS depositata agli atti del processo di Chieti dove sono sotto processo i vertici di Montedison e Solvay con oltre 20 indagati dopo l’inchiesta del Corpo Forestale.

Il guasto “per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento”, spiega il documento.

“La mancanza di qualsiasi informazione relativa alla contaminazione delle acque con una molteplicità di sostanze pericolose e tossiche, solo una parte delle quali potrà essere tardivamente e discontinuamente oggetto di rilevazione nelle acque, ha pregiudicato la possibilità di effettuare nel tempo trattamenti adeguati alla rimozione delle stesse sostanze dalle acque”, continuano i consulenti dell’Avvocatura dello Stato Pietro Comba, Ivano Iavarone, Mirko Baghino e Enrico Veschetti che hanno stilato sulla vicenda della mega discarica di veleni industriali di Bussi e sulla contaminazione delle falde acquifere della Val Pescara.

“Del significativo rischio in essere non è stata data comunicazione ai consumatori che pertanto non sono stati in condizioni di conoscere la situazione ed effettuare scelte consapevoli”, si legge tra le conclusioni. Ci sono quindi “incontrovertibili elementi oggettivi coerenti e convergenti nel configurare un pericolo significativo e continuato per la salute della popolazione esposta agli inquinanti attraverso il consumo e l’utilizzo delle acque”, chiude l’Istituto Superiore della Sanità.

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