24 Aprile 2024, mercoledì
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Pensioni rubate ai co.co.co.

Rubare ai poveri per garantire le pensioni dei ricchi (o dei meno poveri). È quello che sta facendo, da qualche anno, l’Inps. I numeri parlano chiaro. La gestione lavoratori autonomi perde ogni anno 12 miliardi, quella dei dipendenti pubblici 8 miliardi, quella dei dipendenti di imprese private uno.

L’unica gestione in attivo è la gestione separata, quella dei parasubordinati, che nel 2012, ultimo anno disponibile, aveva regalato alle casse dell’Inps 8,6 miliardi. Senza questi contributi l’Istituto di previdenza pubblica sarebbe al collasso. In pratica i lavoratori più bistrattati, meno sindacalizzati, con il minor numero di diritti, consentono all’Inps di pagare le pensioni a quelli più tutelati.

Ma l’aspetto più drammatico è che molti dei contributi versati da collaboratori, professionisti senza cassa, associati in partecipazione, venditori a domicilio, sono a fondo perso. Non daranno cioè il diritto a nessuna pensione.

Il problema è quello del «minimale contributivo»: in pratica a questi lavoratori viene accreditato un mese di contributi, validi ai fini pensionistici, solo se dichiarano un reddito di almeno 1.295 euro al mese. Se il loro reddito è invece, per esempio, la metà di questa cifra, ci vorranno due mesi di lavoro per mettere insieme un mese di contributi.

A parte gli amministratori, la stragrande maggioranza di coloro che versano alla gestione separata non arriva a questi livelli di reddito. Quindi rischiano seriamente di versare contributi espropriativi senza riuscire a maturare un diritto alla pensione: l’aliquota contributiva, che già è salita dal 10 al 28% in meno di vent’anni, è destinata infatti ad arrivare al 33% entro il 2018.

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