28 Marzo 2024, giovedì
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“Francesco Giuzio, lei è morto, ci ridia 6 anni di pensione”: Inps rivuole 72mila euro

La storia di Francesco Giuzio, 79 anni, pensionato barese, è incredibile: per l’anagrafe del Comune di Bari era morto dal 2008, per l’esattezza il 16 marzo del 2008. Ma la cosa più assurda per il (vivissimo) Francesco, è che oral’Inps vuole 6 anni di pensione indietro, pari a 72 mila euro, perché sono state versate ad un “morto” che però morto non è affatto. Scherzi pirandelliani della burocrazia italiana, ma c’è poco da sorridere perché Giuzio, in attesa di essere “resuscitato”, è senza pensione da due mesi.

Tutto è iniziato a febbraio, quando sul conto in banca non risulta accreditata la rata della pensioneEnasarco e Inps. Non solo, l’Inps chiede anche la restituzione di 72 mila euro. Perché? Il signor Giuzio chiama la filiale e scopre di essere morto il 16 marzo del 2008.

“Ma cos’è accaduto? Giuzio decide di approfondire partendo dall’ufficio anagrafe del Comune di Bari da dove in data 31 gennaio 2014, sono partite le lettere indirizzate all’Inps e alla Asl. Ciò a dire cheal Comune si sarebbero accorti del decesso sei anni dopo e per questo le pensioni erano state negli anni regolarmente accreditate fatta eccezione per febbraio e marzo 2014. Negli uffici nessuno sa spiegare il disguido e infine gli viene consegnato un certificato di esistenza in vita”.

Ma nella storia assurda di Francesco Giuzio vuole recitare una parte anche l’Asl, che gli complica ulteriormente la vita. La “sorpresa” arriva

dal laboratorio di analisi dove lui esegue i prelievi per controllare i valori del diabete: i medici gli dicono che “la Asl rigetta le sue analisi perché appunto risulta morto. Un grosso rischio per l’anziano perché non può interrompere le cure, ma il medico di fatto non può prescrivere alcun farmaco perché rischierebbe una denuncia.

Tocca ancora una volta a Giuzio rimediare agli errori commessi dagli uffici comunali. Così, documenti in mano e sperando che l’imprevisto si risolva una volta per tutte, decide di andare negli uffici dell’Inps a gridare a gran voce di essere vivo. “Oltre al danno anche la beffa. Son tanti i disagi che mi hanno creato – spiega il 79enne– ma la cosa assurda è che l’errore è stato commesso dal Comune ma è toccato a me andare in giro in tutti questi uffici col certificato di esistenza in vita per dimostrare che non ero affatto morto. Un errore clamoroso andato avanti per sei anni. Mi è stato garantito – spiega ancora – che avrebbero sistemato tutto il prima possibile ma fino a stamattina (ieri ndr) le pensioni non mi sono state ancora accreditate”.

La burocrazia che ci ha messo sei anni ad accorgersi della sua “morte” è la stessa che ora deve “resuscitare” Francesco Giuzio. Il timore è che i tempi di reazione rimangano gli stessi, tragicamente lenti.La beffa, per il signor Giuzio, è che la data della sua presunta morte coincide, forse non a caso, con quella della morte di suo figlio Gianfranco:

Ma come giustificare un errore così grossolano? Il 16 marzo 2008, non è una data qualunque. “Quel giorno è deceduto mio figlio Gianfranco che aveva 37 anni. La sua morte fu regolarmente registrata e forse qualcuno ha pensato di far morire anche me” conclude con un risata amara. Forse non è questo che ha causato l’errore ma la coincidenza è davvero assai strana.

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