27 Aprile 2024, sabato
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Invecchiamento attivo: il rovescio della medaglia delle riforme pensionistiche

“Live longer, work longer”, ossia “Vivi più a lungo, lavori di più”: questo era lo slogan del rapporto Ocse del 2006, che rappresenta la dura realtà che i lavoratori dovranno fronteggiare d’ora in poi in tutto il mondo occidentale. In questo rapporto si pone l’accento sulle implicazioni dell’invecchiamento demografico della popolazione; ed è stato a partire da questa presa d’atto che è emersa la necessità di riformare i sistemi pensionistici statali al fine di aumentare l’età effettiva di pensionamento, legando l’età pensionabile all’aspettativa di vita, per rendere i sistemi pensionistici e di welfare sostenibili nel tempo.

Anche l’Italia, come altri Paesi europei, è intervenuta con molteplici riforme che hanno determinato l’innalzamento continuo dell’età pensionabile e l’introduzione dei requisiti dinamici legati all’aspettativa di vita, così se fino a poco tempo fa a 57 anni si poteva godere la tanto agognata pensione, nei prossimi anni bisognerà aspettarne quasi altri 10.

Questo determina delle importanti conseguenze. Come diceva Charles Darwin, “Non è la specie più intelligente a sopravvivere e nemmeno quella più forte. È quella più esposta ai cambiamenti”.

Serve un approccio preventivo
La questione dell’invecchiamento attivo è stata affrontata finora con un approccio curativo, ossia si è posta la questione di come tenere al lavoro in modo motivante coloro che erano sul punto di andare in pensione e che in seguito alle riforme pensionistiche sono stati trattenuti al lavoro.
Ma d’ora in poi l’approccio dovrà essere preventivo ossia vi sarà la necessità di trattenere, qualificare e mantenere performante la forza lavoro, anche quella di età più avanzata al fine di garantire la capacità competitiva al sistema.
I governi e i datori di lavoro devono prendere misure che promuovano l’invecchiamento attivo e vite lavorative più lunghe, sane e produttive a tutte le età, attraverso lo sviluppo e l’applicazione di strategie c.d. di age management al lavoro. È, quindi, importante, “fare cultura” sul tema dell’active ageing e approcciare, con urgenza, nuove forme di “gestione del fattore età” al lavoro (in virtù appunto della transizione demografica in corso).
Poiché, dunque, sta tramontando la cultura del pensionamento precoce dei lavoratori anziani, ricercato fino a pochi anni fa in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, si deve passare ora ad una cultura della loro integrazione.

Strategie motivazionali
Vediamo cosa può fare un’organizzazione per mantenere motivato un lavoratore anziano; in base alla definizione data dalla Strategia europea per l’occupazione, è considerato tale il lavoratore nella fascia anagrafica 55-64 anni, suddivisi nelle due sotto-classi dei 55-59enni e dei 60-64enni.
Per riuscire a motivare un lavoratore anziano, un’organizzazione dovrebbe garantire: flessibilità, formazione, adattamento del design e dell’organizzazione del lavoro, miglioramento dell’ambiente professionale e delle condizioni di salute dei lavoratori, scambio intergenerazionale, gestire la mobilità e superare gli stereotipi.
Per flessibilità si intende la possibilità di usufruire di riduzioni graduali del lavoro in vista del pensionamento attraverso l’accesso al part time o al job sharing, il passaggio ad occupazioni con minor livello di responsabilità o gravosità, la concessione di periodi sabbatici. Altre iniziative riguardano l’adattamento delle condizioni lavorative alle esigenze dei lavoratori anziani, attraverso l’implementazione di modelli ergonomici; il design fisico dei luoghi e dei processi di lavoro può massimizzare il potenziale di una forza di lavoro che invecchia, adattando l’ambiente sulla base di valutazioni ergonomiche, per evitare e prevenire attivamente i possibili danni alla salute fisica e mentale dei lavoratori. Ad esempio, i cambiamenti cardiovascolari e respiratori associati all’invecchiamento possono rendere difficile eseguire alcuni compiti, se il processo lavorativo richiede in modo consistente un’elevata attività fisica. I lavoratori più anziani possono, quindi, avere bisogno di una maggiore flessibilità e varietà nel ritmo di lavoro e nelle ore lavorative, con pause addizionali per avere tempo per recuperare dai compiti gravosi.
Per quanto riguarda poi il miglioramento dell’ambiente professionale e delle condizioni di salute dei lavoratori, è opportuno che i datori di lavoro prestino attenzione alla progettazione ergonomica dell’attrezzatura e dei processi lavorativi, promuovano il benessere fisico, mentale e sociale dei lavoratori, attraverso, ad esempio, programmi di promozione della salute che mirino a prevenire il manifestarsi di patologie, e, particolarmente quelli che richiedono un esercizio fisico, debbono essere ideati in modo specifico per tenere in conto dei bisogni mutevoli degli individui mentre essi invecchiano, considerato che processi “normali” di invecchiamento avvengono con ritmi variabili.
Attraverso la mobilità professionale e la formazione, poi, si può puntare a risviluppare il lavoratore anziano, cercando di valorizzare le competenze e l’esperienza in una nuova attività all’interno della medesima organizzazione.

Osservazioni conclusive
Infine, si pone l’accento sul fatto che è importante superare gli stereotipi che riguardano i lavoratori anziani. Nell’opinione comune, è abbastanza diffusa l’idea che essi presentino una chiusura al cambiamento e all’innovazione (soprattutto tecnologica), una scarsa adattabilità e un insufficiente impegno verso compiti particolarmente sfidanti.
In realtà, la condivisione di informazioni, conoscenze e competenze è oggi ritenuta sempre più necessaria per le organizzazioni. In questo senso si sottolinea il ruolo della diversity come ricchezza e come potenziale risorsa conoscitiva realizzabile attraverso un dialogo costruttivo tra persone appartenenti a diverse classi anagrafiche. I lavoratori anziani sono in molti casi forieri di affidabilità ed esperienza, in misura maggiore rispetto ai loro colleghi più giovani che hanno invece competenze formali molto più elevate. Va, pertanto, incoraggiato il mentoring, ovvero il processo di trasferimento delle conoscenze prodotto dall’affiancamento dei giovani neoassunti (o comunque bisognosi di formazione on the job) ai lavoratori più anziani; in questo modo, i lavoratori più anziani possono avere un ruolo importante nell’organizzazione, superando così ogni stereotipo.
Ecco la sfida futura: riuscire a tenere motivati e attivi i lavoratori più anziani senza compromettere l’assunzione di giovani lavoratori!

Il rapporto Ocse in sintesi
Live Longer, Work Longer: a synthesis report
In an era of rapid population ageing, many employment and social policies, practices and attitudes that discourage work at an older age have passed their sell-by date and need to be overhauled. They not only deny older workers choice about when and how to retire but are costly for business, the economy and society. If nothing is done to promote better employment prospects for older workers, the number of retirees per worker in OECD countries will double over the next five decades. This will threaten living standards and put enormous pressure on the financing of social protection systems. To help meet these daunting challenges, work needs to be made a more attractive and rewarding proposition for older workers.

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