26 Aprile 2024, venerdì
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Facebook-WhatsApp, lezioni di politica economica

Pagare 19 miliardi una giovane azienda con una cinquantina di dipendenti è oggettivamente un’operazione che merita qualche riflessione in più di quelle riservate alle operazioni tradizionali. Il problema non è tanto capire se Facebook abbia pagato troppo la società di messaggistica per terminali mobili di nuova generazione, ma quello di individuare le nuove dinamiche del capitalismo contemporaneo. Primo, per fare grandi aziende in termini di fatturato e di valorizzazione dell’impresa oggi serve un piccolo gruppo di professionisti ben guidati. Le grandi organizzazioni di un tempo, con migliaia di dipendenti chiamati a trasformare materia per farne fatturato, non appartengono più al contesto digitale. Secondo, i canali di commercializzazione e di marketing di questi servizi sono altrettanto originali, visto che un nuovo brand riesce a imporsi su di uno smartphone o un tablet rapidamente e riesce anche a resistere ai ritorni di fiamma dei big (Facebook ha inutilmente tentato di replicare la piattaforma di WhatsApp). Terzo, il canone annuo che queste imprese possono richiedere ai loro clienti, grazie ai volumi globali di cui beneficiano, è da micro pagamento, cioè uno o pochi dollari all’anno. Quarto, una volta che si ha una piattaforma con mezzo milione di clienti attivi ogni mese si opera nel business dei servizi a valore aggiunto, e il fatturato che l’impresa può realizzare rientra nell’ambito delle probabilità tanto è ampia la volatilità. Significa che, almeno sulla carta, WhatsApp potrebbe sbancare in termini di fatturato con alcune potenziali decisioni future.

Siamo quindi in una situazione nella quale Facebook non aveva molte opzioni strategiche percorribili: poteva comprare pagando un premio importante per acquisire la possibilità di sfruttare le opzioni reali di WhatsApp, oppure poteva far comprare ad altri e rischiare l’erosione della sua customer base. Ha scelto la prima opzione e il mercato valuterà nei prossimi mesi e anni quanto la decisione di Facebook sia stata giusta. Rimane il fatto che questa importante dinamica industriale del capitalismo digitale è ancora una volta tutta giocata negli Usa e in California mentre tutto il resto del mondo è quasi un semplice osservatore del contesto competitivo statunitense, con l’unica eccezione almeno parziale della Cina. Così il divario tra gli Usa e l’Europa inevitabilmente si allarga, e il problema non è la crisi dell’euro o le politiche di Berlino. Tutto è terribilmente più semplice: quando sarà possibile creare in Europa aziende di 55 persone che dopo tre o quattro anni dalla loro costituzione valgono 19 miliardi di dollari? Fino a quando questo interrogativo non troverà risposta dobbiamo accettare di commentare decisioni altrui.

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