Con parere del 31 gennaio 2014, il dipartimento della Funzione pubblica ha risposto al quesito proposto da un Comune in merito all’interpretazione dell’art. 2, comma 4, del Dl n. 101 /2013, convertito dalla legge n. 125/2013.
La suddetta norma prevede che “l’art. 24, comma 3 primo periodo del Dl n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, si interpreta nel senso che il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l’applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all’entrata in vigore del predetto art. 24”. In altre parole, secondo la norma richiamata, il dipendente con un diritto a pensione maturato entro il 31 dicembre 2011 non può esercitare un’opzione per il nuovo regime, ma soggiace, comunque, obbligatoriamente, al regime previgente.
Resta pertanto escluso, a questi dipendenti, l’accesso al regime previsto dalla c.d. riforma Monti che ha introdotto il meccanismo del sistema contributivo ‘pro rata’ (per le anzianità maturate dopo il 1° gennaio 2012) e abolito il meccanismo delle “finestre” e che esplicano i propri effetti solo nei confronti dei dipendenti che “a decorrere dal 1° gennaio 2012 maturano i requisiti per il pensionamento”. La riforma ha previsto infatti il riconoscimento della pensione di vecchiaia per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, sia uomini che donne, con il requisito anagrafico, nell’anno 2014, al compimento di 66 anni e tre mesi, e una pensione di anzianità (ora pensione anticipata) per gli uomini che abbiano maturato 42 anni e 6 mesi di contribuzione e per le donne che abbiano maturato 41 anni e 6 mesi.
Ciò posto, il dipendente che invece ha maturato un diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011, raggiungendo la quota 96 oppure, per le donne, i requisiti previgenti per la pensione di vecchiaia (61 anni di età e almeno 20 anni di contributi), ma che non ha ancora raggiunto l’età limite ordinamentale per la permanenza in servizio di cui all’art. 4 del Dpr n. 1092 del 1973 (65 anni), è titolare di un diritto che può o meno decidere di esercitare.
Ne deriva che l’amministrazione, in questo caso, deve accogliere l’istanza del dipendente che faccia richiesta di essere collocato a riposo in virtù del diritto conseguito prima dei 65 anni di età, salva la concessione del trattenimento di servizio per un biennio di cui all’art. 16 del Dlgs n. 503/1992, che consente all’amministrazione, presentata la disponibilità del dipendente, di trattenerlo in servizio in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi.
Palazzo Vidoni, infine, precisa che per i dipendenti che hanno maturato i requisiti nell’anno 2011, essendo soggetti al regime vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 24 del citato Dl n. 201/2011, resta in vigore il regime della decorrenze del trattamento pensionistico di cui all’art. 12 del Dl n. 78/2010.