25 Aprile 2024, giovedì
HomeNewsI neonazisti al Parlamento Ue

I neonazisti al Parlamento Ue

Mi raccomando, un’idea per volta, ma cucinata bene». Il direttore Pierluigi Magnaschi non si stanca di ripeterlo a chi scrive su ItaliaOggi. Un consiglio saggio, da giornalista esperto. Ma oggi ho tre idee di pezzo in testa, e vorrei cucinarle subito. Questo giornale, per fortuna, è una palestra di libertà, e, a differenza dei grillini, non mi aspetto alcun cartellino rosso. La prima idea è suggerita dalla sentenza con cui la Suprema corte tedesca (con cinque voti contro tre) ha bocciato lo sbarramento del 3% previsto finora dalla legge tedesca per le elezioni europee. Il risultato è che in Germania le consultazioni del 24-25 maggio si faranno con il proporzionale puro, dunque con una regola completamente diversa da quella che vige per le elezioni politiche, dove i partiti che non superano il 5% non possono entrare in Parlamento. L’anno scorso ne hanno fatto le spese i liberali, che, nella scorsa legislatura, erano alleati della signora Angela Merkel:  il loro flop (4,8%) ha obbligato la cancelliera a formare un governo di larghe intese con i socialdemocratici. Il primo effetto della sentenza è un via libera per l’ingresso nel Parlamento europeo non solo per i liberali, ma anche per altri partiti minori, come il partito euro-scettico Alternativa per la Germania (che alle politiche si era fermato poco al di sotto del 5%), il partito neonazista Npd e i Pirati. «La clausola di sbarramento viola il principio dell’eguaglianza del voto e della pari possibilità per i partiti» ha spiegato il presidente della Corte costituzionale tedesca dopo la sentenza. E non vi è chi non veda che si tratta di una motivazione a dir poco dirompente sul piano politico. Ora in Germania vige un doppio standard elettorale: soglia del 5 per cento per le politiche, e proporzionale puro le per le europee. Con una ricaduta duplice sull’Europa. Il prossimo Parlamento europeo, proprio a seguito di questa sentenza, potrebbe ospitare un maggior numero di piccoli partiti (quelli che da noi sono chiamati «cespugli»), vedere ridotto il peso dei due partiti maggiori (i popolari e i socialisti), con una inevitabile instabilità politica. Davvero qualcuno può pensare che la Germania accetterà di dare ascolto a chi chiede di conferire più poteri al Parlamento europeo, se questo sarà dominato dalla instabilità? Semmai, un Parlamento europeo instabile non farà altro che favorire, ancora di più, l’egemonia tedesca nella Ue. Non solo. A seguito della sentenza della Suprema corte tedesca avremo un Parlamento europeo eletto con lo stile di Arlecchino. Nei 28 Paesi dell’Unione europea, la soglia del 5 per cento vige in otto, in Italia è del 4 per cento dal 2009, mentre in tutti gli altri c’è il proporzionale puro. Se si applicasse all’intera Europa il principio illustrato dal presidente della Suprema corte tedesca, che si è improvvisamente scoperta contraria alle soglie di sbarramento, il Parlamento europeo sarebbe dichiarato illegittimo. La stessa sorte, ovviamente, toccherebbe all’Italicum, la nuova legge elettorale concordata da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi per fare fuori i piccoli partiti. Conclusione? Quanto alle norme elettorali, l’Europa unita non esiste, è solo un casino. La seconda idea di pezzo prende spunto dal discorso della signora Merkel al Parlamento inglese. In sintesi: «Vogliamo la Gran Bretagna in Europa, ma non a qualsiasi prezzo». In soldoni: il premier David Cameron si scordi la modifica dei Trattati europei, che ha chiesto per contrastare gli euroscettici inglesi, in forte crescita. Visto che gli inglesi sono fuori dell’euro, è evidente che la Merkel ha parlato così agli inglesi perché altri intendano. E gli altri sono i Paesi dell’eurozona che (Italia in testa) chiedono di rivedere il Fiscal Compact e altri trattati, compresi i due che ancora devono essere sottoscritti dal Parlamento europeo: quello sull’Unione bancaria e gli interventi nei casi di fallimento, più il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti. Prima di recarsi a Berlino per il rituale bacio della pantofola e tentare di rinegoziare il 3 per cento, Renzi si legga con attenzione il discorso della Merkel a Westminster. La risposta tedesca che lo aspetta è già lì dentro. La terza idea di pezzo si collega alla manovra monetaria della Cina, che sta pilotando una svalutazione della propria moneta, lo yuan, con il chiaro intento di compiere una classica svalutazione competitiva. L’economia cinese, dopo una lunga corsa, sta rallentando il ritmo di crescita, e la Banca centrale cinese ha deciso di correre ai ripari. La mossa ha colto di sorpresa un buon numero di Fondi d’investimento americani che puntavano su una rivalutazione dello yuan. Solo l’anno scorso le grandi banche Usa hanno emesso 350 miliardi di dollari di derivati che puntavano sulla rivalutazione della moneta cinese. L’inversione di rotta potrebbe costare cara a Wall Street, ma nessuno può rimproverare la Cina di condurre una svalutazione competitiva, perché le autorità monetarie cinesi stanno solo ripetendo ciò che hanno già fatto sia gli Usa che il Giappone quando hanno inondato il mercato di dollari e di yen. Quanto all’euro, quella cinese è un’altra lezione da mettere in conto: lo yuan viene svalutato in modo pilotato perché ha dietro di sé una vera Banca centrale, con pieni poteri, che adegua il cambio all’andamento dell’economia reale; l’euro invece continua ad essere una moneta forte contro natura, dannosamente forte mentre l’economia europea è in  crisi, e ciò si deve al fatto che dietro la moneta unica europea vi è una Banca centrale con  poteri dimezzati rispetto alle sue consorelle nel mondo, tanto che non può neppure tentare di pilotare un ribasso del cambio. In conclusione: comunque la si guardi (leggi elettorali, trattati, moneta unica), l’Europa si presenta come un’orchestra di suonatori anarchici, simile a quella di «Prova d’orchestra»,  un film profetico di Federico Fellini. Alcuni solisti saranno anche bravi, ma la musica è pessima.

Sponsorizzato

Ultime Notizie

Commenti recenti