Province in Sicilia salve grazie anche a M5S. Gli effetti del dire sempre no. La riforma che doveva abolire le Province in Sicilia, frutto un anno fa dell’intesa fra il presidente della regione Rosario Crocetta e il Movimento 5 Stelle, sta naufragando: martedì 18 febbraio all’Assemblea Regionale, franchi tiratori e grillini hanno battuto l’esecutivo (a rischio liquefazione) sopprimendo la norma che escludeva Palermo, Catania e Messina dal potersi costituire in liberi Consorzi dei Comuni. In pratica, i Consorzi sarebbero un modo dei Comuni per surrogare competenze e funzioni amministrative delle ex Province al momento commissariate da Crocetta in attesa del completamento del processo di abolizione delle Province stesse.
Che era il cavallo di battaglia di Crocetta all’epoca del sodalizio politico con i 5 Stelle. Un obiettivo difficile, pieno di ovvie resistenze che l’intransigenza grillina, il dire sempre no ed alzare sempre la posta, rischia di vanificare sul più bello. Ora il tempo è scaduto (la dead line era il 15 febbraio) anche se qualche forma di deroga temporale è sempre possibile. Sembra che il prolungamento fino a giugno del commissariamento delle Province, deciso in solitaria da Crocetta senza consultare nessuno, abbia suscitato la reazione dei 5 Stelle che si sono decisi a mettere in minoranza Crocetta. Con il risultato che al momento le Province sono vive e vegete.
Dire sempre no a prescindere può portare a conseguenze paralizzanti, di sicuro garantisce il mantenimento dello status quo, come è successo in Sicilia. E un po’ come succede a livello nazionale con l’inedito e abbastanza oltraggioso rifiuto di sedersi davanti a Napolitano per le consultazioni di rito, esteso da Beppe Grillo anche a quelle di Renzi. Il popolo grillino, sollecitato sulla rete, ha però smentito il leader: seppur di poco, una maggioranza 5S si è espressa per concedere la disponibilità a parlare con il premier incaricato, a una sola condizione, lo streaming in diretta dell’incontro.