25 Aprile 2024, giovedì
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Rai, Corte Conti: “Alzi canone”. Dal 2005 deve avere 2,3 mld dallo Stato

Non solo sforbiciate, a partire dagli sfarzi di Sanremo: se la Rai non ce la fa a coprire i costi del servizio pubblico, aumenti il canone. E’ quanto suggerisce la stessa Corte dei Conti per il triennio 2013-2015, dopo aver bacchettato la tv di Stato sulla gestione finanziaria del biennio 2011-2012. Ma dal 2005 deve avere 2 miliardi dallo Stato. I giudici contabili richiamano tra l’altro l’adozione di misure più efficaci per contrastare l’evasione dell’odiato balzello.
In questi anni per sopravvivere, la Rai non ha ridotto le spese, ma è andata a batter cassa al ministero dello Sviluppo economico chiedendo quei 2,3 miliardi di euro di arretrati, pari agli extra-costi generati per garantire i servizi di base. Un buco che si è via via allargato negli anni: dal 2005, anno in cui la società per legge ha dovuto avere una gestione separata tra servizio pubblico e attività privata, fino ad oggi.

Nello stesso anno è stata l’Unione europea ad imporre che tutto ciò che rientrasse nelle funzioni di servizio pubblico venisse finanziato col canone. Tutto il resto andava sostenuto in proventi pubblicitari per non creare competizione sleale con le altre tv private.
Ma andando a guardare bene i conti: sul fronte dei ricavi, l’introito da canone “ha rappresentato circa il 60,5% (il 68% nel 2012) del totale delle entrate aziendali, contro circa il 31,3% (26% nel 2012) della pubblicità e circa l’8,2 % (il 6% nel 2012) degli altri ricavi”.
L’entrata da canone “è rimasta notevolmente compromessa dalle crescenti dimensioni dell’evasione, stimata nel biennio nell’ordine del 27% circa, superiore per quasi 19 punti percentuali rispetto alla media europea”.
In flessione anche il ricavo da pubblicità, che “si è attestato in 965 milioni di euro nel 2011 e in 745,3 milioni” nel 2012. Per quanto riguarda i costi operativi – pur scontando l’assenza, come in ogni esercizio dispari, di quelli per i grandi eventi sportivi – “nel 2011 si è registrata una diminuzione del 5,9%; nell’anno successivo, peraltro detti oneri si sono incrementati di 18,1 milioni di euro”.
Il costo del personale, “cresciuto nel 2011 del 2,7%, si è ulteriormente incrementato nel 2012 anche in ragione di un accantonamento di 62 milioni” per il piano di esodo agevolato.
In sintesi è mancata una manovra che potesse consentire di contrastare il sensibile calo dei ricavi, riducendo drasticamente e razionalmente i costi della gestione”.
Di qui l’esigenza di assumere tutti gli interventi “più idonei per mantenere sotto stretto controllo l’andamento del costo del lavoro e degli oneri connessi, sia per la Società che per il Gruppo” e la necessità di “promuovere efficaci interventi finalizzati a contrastare l’evasione dal pagamento del canone, adottati o anche solo pianificati nel corso del biennio in rassegna, in particolare per il canone speciale”.
La Corte ribadisce anche “la decisiva necessità che l’Azienda attivi comunque ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche”.

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