La staffetta tra Enrico Letta e Matteo Renzi non sarà leggera. Nel passaggio di consegne, infatti, ci sarà anche il trasferimento di 478 provvedimenti ancora da adottare per completare le riforme per il rilancio dell’economia varate dagli ultimi due Governi, di cui 50 atti urgentissimi.
La lista delle priorità è stata presentata all’ultimo consiglio dei ministri e sottoposta all’attenzione dei capi dei dicasteri perché costruissero una corsia preferenziale. Ora, però, il rischio è che tutto si rallenti.
Scrivono Antonello Cherchi e Marta Paris sul Sole 24 ore:
Più della metà dei decreti attuativi in pole position è imputabile alle manovre messe in campo dall’ultimo Esecutivo. Il resto è un’eredità del Governo dei professori. Tra i provvedimenti ci sono il piano nazionale delle zone a burocrazia zero e i criteri per i finanziamenti dei programmi di sviluppo nel settore industriale (previsti entrambi dal decreto Fare), l’individuazione delle modalità per l’avvio della Dia telematica (contenute nel primo decreto Sviluppo firmato da Monti), il programma sperimentale per introdurre l’apprendistato a scuola (secondo quanto stabilito dal Dl Istruzione del novembre scorso), le semplificazioni per le imprese in materia di sicurezza sul lavoro (provvedimento previsto dal decreto del Fare), il tax credit per il cinema, l’audiovisivo e la musica nonché il regolamento per semplificare le donazioni da parte dei privati (misure entrambe contenute nel decreto Valore cultura presentato da Letta).
La short list dei 50 regolamenti urgenti – messa a punto dall’ufficio del sottosegretario Giovanni Legnini, delegato all’attuazione del programma – non può, però, far passare in secondo piano gli altri 428 provvedimenti ancora in lista d’attesa. Si tratta di più della metà degli 831 decreti di impatto economico-sociale contenuti nelle riforme Monti-Letta, di cui a inizio febbraio la percentuale di attuazione complessiva sfiorava il 40 per cento. Ovviamente, il pacchetto del precedente Governo fa registrare – se non altro per questioni anagrafiche – un grado di attuazione più alto, raggiungendo il 56,3 per cento. Le manovre dell’Esecutivo Letta, invece, sono in gran parte ancora tutte da costruire, dato che sono state tradotte in pratica solo per il 15,4 per cento. Su tale dato pesa, però, non solo la più giovane età delle misure, ma anche il fardello arrivato a inizio anno con l’entrata in vigore della legge di stabilità, che ha imposto ai ministeri 84 provvedimenti attuativi, nessuno dei quali per ora arrivato al traguardo.
Un lavoro, dunque, molto impegnativo attende il nuovo Governo. Se poi si considera che per trasformare in realtà il cambio di passo annunciato, il prossimo Esecutivo dovrà varare subito nuove riforme, il bagaglio dell’attuazione è destinato ad appesantirsi. Sarebbe, pertanto, utile che non si abbandonassero i tentativi fin qui fatti per semplificare le procedure legislative (ridurre i concerti fra i ministeri, semplificare i passaggi e velocizzare l’iter dei pareri) in modo da far salire la percentuale di attuazione. Essenziale è, però, anche che il legislatore cerchi di ridurre il ricorso ai provvedimenti attuativi, rendendo il più possibile autoapplicative le norme (…)