Saper lavorare in più mercati, declinando la strategia aziendale in un contesto internazionale, conoscere molto bene i nuovi mezzi tecnologici ed essere in grado di integrare e coordinare le attività svolte dalle agenzie esterne: sono queste le regole d’oro che i manager che operano nel marketing dovranno seguire per affrontare con successo le sfide di un mondo profondamente cambiato dalla globalizzazione e dall’era del web. Da questo punto di vista è fondamentale che le piccole medie imprese italiane, più pigre nell’aggiornarsi, corrano ai ripari. A fare il punto sulla situazione del settore è Michele Cimino, presidente di Adico, l’associazione italiana che riunisce i professionisti del marketing e delle vendite e proprio nel 2014 festeggia i 50 anni di attività.
Un periodo di tempo, questi cinque decenni, in cui il mondo del marketing ha subito non poche rivoluzioni. «Il marketing ha sempre rappresentato la via per passare dalla creazione di un prodotto alla vendita sul mercato e ancora oggi ha la funzione di supportare le vendite di un’azienda», spiega Cimino. «Quello che è cambiato sono i fattori che servono al marketing per funzionare. Innanzitutto sono cambiati i mercati, che sono diventati molto più competitivi e globali: se fino a 30 anni fa era il mercato italiano quello preponderante per un’impresa che lavorava nella Penisola, e quindi bastava studiare il mercato e le abitudini dei consumatori locali, oggi bisogna conoscere molto bene lo scenario internazionale ed essere in grado di lavorare in più paesi».
Un’altra differenza, secondo Cimino, è che prima il marketing era fatto tutto in casa, internamente all’impresa, «ora invece la struttura legata a questa funzione si è snellita e molte attività, per esempio l’ufficio stampa e gli eventi, sono svolte da agenzie esterne. L’ufficio marketing è diventato sempre più un centro di acquisizione di esperienze e materiali provenienti dall’esterno, con un ruolo quindi di integrazione e coordinamento di tutte queste attività», spiega il presidente di Adico, i cui soci (distribuiti per il 50% al Nord, per il 30% al centro e per il 20% al Sud) sono costituiti per il 20% da aziende medio grandi, per il 60% da pmi e per la restante parte da consulenti e accademici, con un totale di 6 mila iscritti al portale dell’associazione.
La tecnologia è un altro dei fattori che hanno cambiato le carte in tavola nel modo di fare business, «diventandone parte integrante, anche perché i clienti sono sempre più preparati da questo punto di vista», sottolinea Cimino. «Inoltre, nella vendita hanno avuto un grande impatto anche i social network e la reputazione dell’azienda sul web: temi da non sottovalutare. La sfida è quindi aumentare le competenze in modo da essere in grado di lavorare su più mercati, con tutti i mezzi tecnologici oggi disponibili, affrontando clienti che sono sempre più preparati».
Se ci sono settori molto avanzati sul fronte del marketing, come la moda e il design, «la preoccupazione riguarda di più il management delle piccole medie imprese, che costituiscono la vita economica italiana, dove l’attenzione a questi cambiamenti non è ancora abbastanza alta. Il management italiano studia poco e per vendere un prodotto non basta più essere un bravo commerciale», continua Cimino. «Su questo aspetto stiamo spostando l’attività dell’associazione: oggi lavoriamo sul convincere il management a fare uno sforzo per la formazione, sia nel campo delle nuove tecnologie sia a livello di competenze che aiutino a operare a livello internazionale, in modo da diventare più competitivi nello scenario contemporaneo».
Secondo il presidente di Adico, infatti, «i manager del settore dovrebbero farsi un piano di formazione professionale, anche perché una volta le aziende investivano per far crescere almeno le figure chiave, mentre oggi le imprese non hanno la capacità di investire su tante risorse. Quindi ci deve essere l’impegno della persona ad adeguarsi ai cambiamenti, acquisendo le competenze utili in modo da poter a sua volta formare i propri collaboratori e la rete vendita».