18 Aprile 2024, giovedì
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Concorso di persone nel reato e circostanze aggravanti – Cass. Pen. 22136/2013

Massima

In tema di circostanze, sono estendibili ai concorrenti, e sempre che questi ne fossero consapevoli, le sole aggravanti soggettive che, oltre a non essere “inerenti alla persona del colpevole” a norma dell’art. 70, secondo comma, cod. pen., abbiano in qualche modo agevolato la realizzazione del reato, dovendo procedersi ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 118 cod. pen.

Il commento

Con la sentenza n. 22136 della seconda sezione penale, la Cassazione interviene a chiarire il nodo dell’applicabilità al concorrente nel reato di cui agli artt. 110 e ss. c.p. della circostanza di cui all’art. 61 n. 6 c.p.
Tale norma stabilisce che : «Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali … (omissis), l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente all’esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato».
In tale occasione la Suprema Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo il quale: «sono estensibili ai concorrenti nel reato le sole circostanze aggravanti soggettive concernenti le condizioni ovvero le qualità personali del colpevole, che abbiano in qualsiasi modo inciso sulla realizzazione del reato concorsuale, agevolandone l’esecuzione, sempre che gli altri concorrenti fossero consapevoli di ciò».
Nel caso di specie è stata, conseguentemente, esclusa l’estensione ad un concorrente della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 6, c.p., inerente ad altro concorrente, poiché essa si era rivelata assolutamente improduttiva di effetti agevolativi in ordine alla realizzazione del reato concorsuale.
Giova ricordare che la disciplina del concorso di persone nel reato è racchiusa nel nostro codice penale negli articoli 110 e seguenti e che considerato come istituto a sé stante, il concorso di persone nel reato è piuttosto complesso.
In primo luogo, esso per la sua configurabilità richiede – dice la legge – la presenza di due o più persone e, come giurisprudenza consolidata conferma, l’esistenza tra di loro di un accordo finalizzato a commettere il delitto.
Quanto al movente psicologico che dovrebbe animare i concorrenti al delitto, bisogna chiarirsi. Nel nostro ordinamento sono conosciuti almeno quattro moventi psicologici : il dolo, la colpa, la preterintenzione e la responsabilità oggettiva.
Il dolo è l’elemento volitivo più intenso, caratterizzato da un’intensa carica psichica che porta l’autore a perseguire il suo proposito criminoso e dottrina ben orientata ne differenzia diverse forme.
La colpa è nel codice collocata allo zenit rispetto al dolo; essa si verifica quando l’evento si produce per inosservanza di regolamenti, ordini o discipline ovvero per negligenza, incuranza, trascuratezza.
La preterintenzione rappresenta forse la migliore creazione della dottrina penalistica. Essa si colloca a metà strada tra il dolo e la colpa, in una zona di confine grigia e stabilisce che il delitto è preterintenzionale quando va oltre l’intenzione e l’evento pericoloso che si è prodotto non era quello voluto dall’agente.
Nella stessa zona di confine tra il dolo e la colpa, di fianco alla preterintenzione, si colloca la responsabilità oggettiva che risponde all’antico brocardo : qui in re illicita versari tenetur etiam pro casu. Di quest’ultima si è scritto e discusso tanto, ma l’opinione prevalente resta quella del Pagliaro, secondo il quale: «il principio della personalità dell’illecito richiederebbe qualche cosa in più della causalità materiale, ma qualche cosa in meno di un vero e proprio nesso psichico nei confronti del fatto attribuito. Per affermare l’appartenenza personale del fatto all’autore, sarebbe sufficiente esigere la possibilità del confronto finalistico sul divenire causale, onde la responsabilità oggettiva finirebbe col presupporre la prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo. Peraltro, l’introduzione del duplice requisito ora accennato non indurrebbe ad identificare la responsabilità oggettiva con la colpa. Si sostiene infatti, che la prevedibilità ed evitabilità dell’evento non fondano ancora la responsabilità colposa, finché non si superi il limite del rischio consentito. Invece, nel caso della responsabilità oggettiva, il limite del rischio consentito sarebbe inoperante: anzi, l’ordinamento accollerebbe l’intero rischio al soggetto che compie l’attività in questione (Pagliaro, Principi cit., 346 ss.)».
Ma quale fattispecie complessa, il concorso di persone nel reato non si perfeziona solo attraverso il nesso psichico. Indispensabile è la presenza di due o più soggetti che nell’ambito della disciplina del concorso troveranno diversa funzione e classificazione.
Così, si definisce come autore colui che porta a termine l’azione o gli atti del delitto, come coautore chi interviene assieme ad altri nel delitto; come ausiliatore o complice chi si limita ad apportare un qualsiasi aiuto materiale nella preparazione o nella esecuzione del delitto. Ciò vale per quanto riguarda il c.d. concorso materiale, ma la dottrina e la giurisprudenza penalistica conoscono anche un diverso tipo di concorso, definito morale in ragione della sua rappresentazione. Esso ricorre allorquando il contributo da altri prestato si manifesti sotto forma d’impulso psicologico ad un reato materialmente commesso da altri. Nell’ambito della partecipazione psichica o, come attenta dottrina sottolinea del concorso morale, si distinguono due figure : il determinatore, ossia colui che fa sorgere in altri un proposito criminoso prima inesistente e l’istigatore, ossia colui che si limita a rafforzare in altri un proposito delittuoso già esistente.
A tale ultimo proposito giova segnalare un orientamento giurisprudenziale, risalente a Cassazione Penale, sez. VI del 6.7.2010 n. 25813, secondo cui: «Il concorso di persone si configura anche per la semplice presenza sul luogo dell’esecuzione del reato, purché non meramente casuale, cioè qualora detta presenza sia servita a fornire all’autore del fatto un maggiore senso di sicurezza, rivelando chiara adesione alla condotta delittuosa».
Per completezza nella disamina del concorso di persone nel reato, esiste un terzium genus, definito concorso anomalo e ricorre nell’ipotesi prevista dall’art, 116 c.p. ossia nel caso di reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti.
L’art. 116 c.p., stabilisce infatti che: «Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave».

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