26 Aprile 2024, venerdì
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Flavio Zanonato esce malconcio

Pareva una passeggiata, per il Pd padovano, restare in municipio, che poi è il bellissimo Palazzo Moroni, al rinnovo del consiglio comunale in primavera. E invece, dopo le primarie di coalizione di domenica, in cui un vendoliano e un civico ambientalista hanno preso, insieme, più del vicesindaco uscente, anche la malconcia Lega ha rialzato la cresta. Pareva una passeggiata quando, ad aprile, Flavio Zanonato, sindaco uscente, era stato chiamato nel governo di Enrico Letta, in un ministero pesante ma visibile come lo Sviluppo economico. L’aveva voluto Pier Luigi Bersani, che allora contava moltissimo al Nazareno, sede nazionale del Pd a Roma, e di cui il sindaco patavino era ed è un devoto. Pareva una passeggiata innanzitutto per era stato possibile non sciogliere anzitempo il consiglio, lasciando il fidato Ivo Rossi, il vice, a far da reggente, il che significava un anno tranquillo di campagna elettorale anche perché era immaginabile che il primo cittadino, divenuto ministro, non avrebbe lesinato alla Città del Santo una visibilità nazionale. In realtà qualcosa è andato storto da subito, proprio a Zanonato: la sua decisione di aprire in città un ufficio del ministero e metterci dentro un suo storico collaboratore, stavolta a libro paga governativo, era stata trattata come una mossa d’antica specie democristiana-dorotea, quando i capataz scudocrociati con incarichi romani restavano sulla circoscrizione elettorale con le insegne ministeriali. Poi ci si erano messi di mezzo gli equilibri interni. Prima con l’idea di un assessore comunale piddino, vicino all’associazionismo cattolico, Claudio Piron, di correre anche lui alle primarie, ipotesi poi rientrata. E poi col nuovo corso nazionale: anche la più bersaniana delle federazioni aveva dovuto fare i conti con il ciclone renziano e non erano state subito rose e fiori, perché qui, ai tempi delle primarie 2012, quelle del Rottamatore versus il segretario in carica, di polemiche non ne erano mancate, spesso alimentate dallo stesso Zanonato. Forse per questo anche la conversione dello stesso Rossi al nuovo segretario, che il Corriere Veneto ha definito «della terza ora», non è apparsa troppo convincente. Sta di fatto che i voti sono mancati ma soprattutto i votanti: 7.086 appena. Meno persino delle parlamentarie, ossia le primarie per i candidati che Bersani lanciò per la fine del 2012, nel senso che si svolsero fra Natale e San Silvestro, per lavarsi la coscienza per l’imponente listino bloccato con i suoi eletti sicuri: in quell’occasione votarono in 8.017 . Un mese prima, ai gazebo di Italia bene comune s’erano recati in 14mila e passa, mentre alle ultime primarie congressuali, per il Renzi-Civati-Cupero, avevano votato in 12mila e più. Qualcuno ha provato a giustificare la cosa spiegandola in chiave maggioranza-minoranza, parlando di “vendetta cuperliana” ma, dati alla mano, Piero Ruzzante, già segretario cittadino, bersaniano doc, e coordinatore della mozione di Gianni Cuperlo, ha respinto gli addebiti, spiegando al CorrVeneto che il vicesindaco aveva vinto proprio nelle zone a tradizione piddina. Tuttavia lo stesso Ruzzante ha peraltro detto, stavolta al Mattino, che sulla partecipazione ha influito «anche l’atteggiamento di Renzi sulle mancate preferenze nella legge elettorale e il dialogo con Berlusconi ha contribuito a un certo distacco da parte dell’elettorato». Di stanchezza da primarie parla oggi il renziano Roger De Menech, che punta alla segretaria regionale del partito. «Il metodo va confermato», ha spiegato, «ma andrebbe rivista la frequenza con cui chiediamo ai nostri elettori di esprimersi. È impossibile chiamarli ai gazebo tre, quattro volte in due anni. Ci vuole un po’ più di ordine». La diserzione delle urne di coalizione da parte dell’elettorato piddino ma più in generale di centrosinistra, ha in ogni caso avuto il potere di rinvigorire il centrodestra padovano che non godeva propriamente di una salute perfetta. Lato ex-Pdl, infatti, ancora si leccava le ferite della scissione che, da queste parti come a livello veneto, pareva aver trionfato a favore degli alfaniani, essendo capeggiata dagli uomini forti Marino Zorzato e Clodovaldo Ruffato, vicepresidente regionale e presidente del consiglio, ma che poi ha registrato un clamoroso dietrofront di molti altri esponenti, specialmente ex-An, ritornati all’ovile berlusconiano dopo l’exploit del Cavaliere sulla legge elettorale. Morale i due fortissimi padovani ora sono un po’ soli, anche se proprio Zorzato invoca, per la città, i gazebo di centrodestra. Lato Lega, invece, l’ala post-bossiana che guarda a Massimo Bitonci, già sindaco della vicina Cittadella e ora capogruppo in Senato, ha avuto proprio in città gli scontri più duri col segretario veneto Flavio Tosi, sindaco di Verona, fino al commissariamento della locale federazione. E proprio Bitonci appare il più lanciato e già abbondantemente in campo, senonché è proprio Tosi che, in più di un’occasione, ha auspicato le primarie di centrodestra. D’altra parte, se le chiede per sé, a livello nazionale, perché mai dovrebbe fare sconti a livello padovano?

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