24 Aprile 2024, mercoledì
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L'Italia in campo per la Siria

“Come paese abbiamo insistito che la parte umanitaria non sia disgiunta dal processo politico. Non si può parlare del futuro se non si riesce a dare un presente alla popolazione siriana”. Così il ministro degli esteri Emma Bonino ha annunciato la conferenza umanitaria sulla Siria che si tiene a Roma il 3 febbraio.

Situazione caotica
Con una conta di 136 mila vittime dal marzo 2011, sei milioni costretti a fuggire dalle proprie case, di cui oltre due milioni riparati all’estero (fonti Onu), il conflitto siriano non è più solo “interno”. Il problema dei profughi coinvolge infatti tutti i vicini, nessuno escluso.

L’intervento delle brigate internazionali di islamisti vicini ad Al-Qaeda – cui partecipa un numero non precisato, ma parrebbe elevato, di miliziani europei o provenienti dall’Europa – preoccupa e coinvolge tutte le nostre capitali. Prima o poi i reduci ritorneranno, e saranno guai. Gli equilibri regionali, già precari, rischiano di venire ulteriormente compromessi.

La famigerata “responsabilità di proteggere”, lanciata dall’Onu e mai sottoscritta dagli stati, ha consentito tuttavia a qualcuno di perorare infauste azioni militari tipo Libia – i cui esiti oggi sono sotto gli occhi di tutti – e ad altri di fornire armi e supporti tanto al governo siriano che alle fazioni. Il risultato è stata la perpetuazione del conflitto.

In questo inestricabile marasma pochi sembrano aver le idee chiare, anche perché il linguaggio “politicamente corretto” utilizzato dai responsabili nei vari summit, e di conseguenza dai media, non consente di comprendere appieno gli eventi. Per oltre due anni anche l’Italia ha affogato la propria voce nell’inutile ritornello “Bashar Assad se ne deve andare”. Per ora però non è uscito di scena e sembra non avere alcuna intenzione di farlo.

Emergenza umanitaria
Se non abbiamo brillato per originalità nelle proposte di soluzione politica della crisi e abbiamo convenuto sul fatto che quelle militari non sono praticabili, vi è un settore dove il nostro contributo può essere utile e apprezzato: l’emergenza umanitaria. Settore questo più vicino e adatto anche alla formazione e al modus operandi del nostro ministro degli esteri, impegnata da sempre a recuperare spazi di visibilità all’azione italiana.

Emma Bonino è aiutata in questo da un carattere che la porta a coinvolgersi in prima persona e da un linguaggio che sembra mille miglia lontano da quello che caratterizza l’ambiente in cui opera. È probabile che tutto ciò le renda difficile la vita e che non tutto ciò che dice e fa possa essere digerito nell’immediato. Certamente però, almeno in questo settore, le ritaglia un ruolo di spicco che si riflette positivamente sull’immagine del paese. Su altro ci sarebbe forse da discutere, ma non sulle finalità dei suoi propositi.

Linguaggio accessibile
È sufficiente scorrere le rassegne e cogliere solo alcune delle sue affermazioni per accorgersene. Già all’inizio del mandato, quando si parlava ancora di “no-fly zone” sulla Siria, ne aveva intuito la pericolosità e aveva preso le distanze persino da alcune posizioni europee. Nella conferenza degli ambasciatori del 18 dicembre scorso, Bonino aveva sottolineato che “ il nostro paese nel conflitto siriano intende essere parte della soluzione, iniziando da Ginevra2”.

A Parigi, nella riunione degli Amici della Siria del 12 gennaio scorso, prendeva posizione spingendo l’opposizione siriana a partecipare senza condizioni a Ginevra2, per “consentire al popolo di prendere in mano in proprio destino”. Aveva poi insistito, annunciando per il 3 febbraio a Roma la conferenza umanitaria richiesta dall’Onu, sulla realtà che “non si può parlare del futuro, se non si riesce a dare un presente alla popolazione siriana”.

Gioia Tauro
Al di là della risposta alla crisi da parte della Cooperazione italiana (oltre 26 milioni di euro per gli sfollati e 19 già spesi per interventi a sostegno dei paesi limitrofi), l’azione italiana è divenuta più visibile quando, affiancandosi a Stati Uniti, Norvegia, Danimarca e Germania, ha offerto un porto italiano per il trasbordo a la neutralizzazione in alto mare di una prima aliquota di armamenti chimici siriani.

“Mi auguro – aveva aggiunto il ministro – che non si facciano polemiche per gli impegni internazionali che il Paese si dovrà assumere e che le forze politiche si comportino con il necessario decoro”. Puntualmente, invece sono scoppiate le polemiche su Gioia Tauro. E il peggio deve ancora venire. Emma Bonino non è una veggente. Solo che nessuno meglio di lei conosce così bene e dall’interno vizi e vezzi degli italiani. Serviva coraggio e il ministro ha dimostrato di averlo.

Almeno in questo settore il ruolo dell’Italia c’è ed è visibile. A confermarlo è la conferenza del 3 febbraio. Se vogliamo riscattare la penosa immagine che abbiamo dato al mondo con la gestione del caso dei fucilieri di marina, qualche altro scatto d’orgoglio sarà però indispensabile.

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