“E io pago…”, come diceva Totò. Comuni e governo hanno raggiunto l’accordo sulla casa. I primi, che chiedevano un miliardo per compensare le minori entrate garantite dalla Tasi rispetto all’Imu, si accontenteranno di 700 milioni, che pagheranno i contribuenti. Dei 700 stanziati 200 sono ancora da trovare mentre, gli altri 500, saranno prelevati dal fondo che serviva a finanziare le detrazioni sull’imposta sugli immobili. Accordo fatto dunque, in sostanza, alzando ancora un volta la tassa sulla casa. E sai che accordo…
Eliminare o anche solo limare il fondo utile a finanziare le detrazioni significa, ovviamente, diminuire queste in numero o in valore. Cosa che, tradotta in pratica, significa che le categorie che potevano sperare in uno sgravio, quello sgravio non avranno e pagheranno invece di più.
Governo e Comuni si dicono molto soddisfatti dell’accordo e brindano a questo, tanto il conto lo pagano gli italiani. Per il ministro Graziano Delrio si riuscirà ad assicurare “la garanzia per milioni di famiglie italiane, specialmente le meno abbienti, del mantenimento dell’esenzione nella nuova tassa sulla prima casa” e a “estendere l’esenzione ancora più di prima, con la precedente imposta”. E sugli stessi tasti ha insistito anche il sottosegretario Pier Paolo Baretta: i 700 milioni che il governo compenserà assicurano “complessivamente lo stesso gettito del 2013 garantendo quindi ai cittadini i servizi e ciò è anche la dimostrazione che gli stessi pagheranno meno degli anni precedenti”.
Positivo anche il giudizio di Piero Fassino: “L’incontro è stato molto proficuo – ha detto il sindaco di Torino che nel pomeriggio ha guidato una delegazione dell’Anci prima al Senato, per incontrare gli esponenti della maggioranza, e poi al Quirinale, dove è stata ricevuta dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano – e i comuni potranno disporre nel 2014 delle stesse risorse del 2013”. Tanto più che i sindaci hanno strappato anche la promessa che i municipi potranno accendere mutui anche oltre il limite dell’8% delle entrate e che quelli sotto i 5mila abitanti saranno esentati dal patto di stabilità.
Ma veniamo al monte che dovrebbe finanziare le detrazioni e che mano mano che passa il tempo da monte assume sempre più l’aspetto di una collinetta, nella speranza che non diventi una pianura. Come scrive Eugenio Bruno sul Sole24Ore: “Per effetto del patto sottoscritto al Mef il ‘montepremi’ destinato a istituire, anche sulla Tasi, un sistema di detrazioni simili a quelle esistenti per l’Imu di fatto scenderebbe rispetto a quello delineato in un primo momento. Senza i 500 milioni stanziati dalla stabilità la ‘fetta’ per gli sgravi ai nuclei scenderebbe a circa 1,7 miliardi. Che sono quelli attesi dall’introduzione di un’addizionale dello 0,8 per mille sull’aliquota massima Tasi per il 2014, che è stata annunciata dalla nota di Palazzo Chigi dell’8 gennaio e che era stata inserita nella prima bozza del decreto sul rientro dei capitali approvato venerdì scorso. Salvo poi essere eliminata durante il Consiglio dei ministri. Per la verità, più che di una cancellazione si è trattato solo di un rinvio dettato dall’esigenza di far viaggiare insieme tutte le modifiche riguardanti i Comuni. Proprio l’aumento dello 0,8 per mille sul tributo per i servizi indivisibili ha rappresentato uno dei capisaldi dell’accordo siglato ieri. Fermo restando che gli introiti andranno destinati alle detrazioni sull’abitazione principale, toccherà ai primi cittadini stabilire se caricare il prelievo extra tutto sulla prima o sulla seconda casa, portando i rispettivi tetti per il 2014 rispettivamente al 3,3 per mille e all’11,4 per mille (inclusa l’Imu). Oppure se spalmarla tra le due basi imponibili. Con gli effetti descritti, a seconda della decisione presa, nell’articolo qui sotto”.