Forse non tutti sanno che esistono anche i poliziotti provinciali. Ma nell’Italia dei mille campanili ci sono stati innumerevoli tentativi di imitazione, proprio come per la Settimana enigmistica. E nella ricca mappa dei dipendenti pubblici italiani ci sono pure loro. Quasi 2.700 agenti sparsi in tutto il Paese, che si dedicano prima di tutto alla tutela dell’ambiente. E che adesso nessuno si vuole prendere. Il primo danno collaterale e l’ennesima grana da risolvere in quella storia senza fine chiamata abolizione delle province.
TUTELA AMBIENTALE – Breve riassunto delle puntate precedenti. Il disegno di legge del governo che svuota le province dei loro poteri in attesa della cancellazione dalla Carta costituzionale (se no che storia senza fine sarebbe?) toglie alle cosiddette amministrazioni di mezzo anche la competenza sulla tutela ambientale. Una volta approvato quel testo adesso in Parlamento, dunque, non ci sarà più quella giustificazione che aveva portato molte province a farsi il proprio corpo di polizia. Magari piccolo, ma comunque proprio. Il punto è cosa fare adesso di quei 2.700 agenti. Il governo ha sempre detto che la cancellazione delle province non avrebbe portato licenziamenti. E per questo vorrebbe farli traslocare nel Corpo forestale dello Stato. Scelta che ha la sua logica, visto che si occupano di ambiente. Ma i sindacati dei forestali non vogliono. Temono di essere scavalcati dai nuovi arrivati sia nella carriera sia nei trasferimenti, problema molto sentito in un Corpo affollato al Sud e semi deserto al Nord. Ed è partito il classico tira e molla.
TIRA E MOLLA – Dai vertici dei forestali l’operazione è ben vista. Perché nell’organico c’è già un buco di 1.500 persone sulle 10 mila previste, senza contare quelli assunti a livello regionale. E, con il blocco dei concorsi, l’unico modo per chiuderlo è proprio il trasferimento dei poliziotti provinciali. La settimana scorsa c’è stato un incontro fra vertici e sindacati. Cgil, Cisl e Uil (che pure tra i forestali non sono fortissimi) hanno subito detto di no. Molti se e molti ma sono arrivati anche dalle sigle che hanno più peso, come gli autonomi del Sapaf o l’Ugl. Va bene prendere i poliziotti provinciali, dicono, ma a patto che non pestino i piedi agli interni. In sindacalese chiedono che «vengano garantite le aspirazioni di carriera e le aspettative di mobilità del personale» con «l’aumento delle dotazioni complessive nei singoli ruoli». Più posti in organico, insomma. Operazione ardita in tempi di spending review, con un’agenda che vede al primo posto proprio la riduzione dei dipendenti pubblici. Ma i 2.700 poliziotti provinciali insistono per questa sistemazione.
POSSIBILI TRASFERIMENTI – In alternativa ci sarebbe il trasferimento alle Regioni, che però non ne vogliono sapere perché dovrebbero assumerli come impiegati semplici e soprattutto pagarli di tasca loro. Oppure i Comuni, che potrebbero «trasformarli» in vigili urbani ma qui sono i provinciali a mugugnare perché, anche se i crimini e i rischi ci sono ovunque, una cosa è stare nel traffico un’altra in mezzo al verde. Il rebus dovrebbe essere risolto proprio con il ddl svuota province, adesso all’esame del Senato. Per ora c’è solo una promessa generica del governo, un ordine del giorno che lo impegna a valutare la fusione con il Corpo forestale dello Stato. Parole troppo vaghe davanti al no dei sindacati e ai tanti tavoli di concertazione che si profilano minacciosi all’orizzonte. Il rischio è che il poliziotto provinciale sopravviva alla provincia.