4 Dicembre 2024, mercoledì
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Saccomanni rischia il posto: dubbi dai renziani e non solo

“Al Mef ci vorrebbe un politico”: così il renziano Dario Nardella è partito all’attacco del titolare dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, dopo le polemiche sull’operato del ministro nella vicenda dei 150 euro che i docenti dovevano restituire.
Nardella, ex vicesindaco di Firenze e stretto collaboratore del neosegretario Pd, Matteo Renzi, intervistato da Giovanni Minoli su Radio24, ha detto:

“Penso sia grave quando un Ministro così importante come Saccomanni dica ‘sono un esecutore’ o ‘nessuno mi ha istruito‘. Penso che il Ministero dell’Economia debba essere guidato da un politico, come regola generale perché abbiamo visto che l’esperienza dei tecnici non ha funzionato bene”.
Parole che hanno il potere di dare la spinta finale a Saccomanni, finito nel tritacarne del dibattito su un possibile rimpasto di governo e già messo in precedenza sulla graticola dal Pdl per la cancellazione dell’Imu sulla prima casa. Ma Nardella, voce renziana e dunque espressione della nuova segreteria Pd, si affretta a riparare e subito rettifica:
“Non scherziamo e cerchiamo di essere seri. Non ho mai chiesto le dimissioni del ministro Saccomanni. Invito tutti quelli che hanno voglia di fare polemiche strumentali ad andare a riascoltare la registrazione della trasmissione per capire il senso delle mie parole”.
Interviene a correggere il tiro pure Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria Pd, che precisa:
“Come ribadito più volte nel corso di questi giorni il Partito democratico non ha mai chiesto né ha intenzione di chiedere rimpasti o la sostituzione di questo o quel ministro. In questo momento è necessario lavorare bene e insieme sulle riforme che servono al paese e non sollevare questioni che non esistono”.
Intanto però quelle parole trovano terreno fertile tra i forzisti. Nell’ordine è intervenuta prima la portavoce FI alla Camera Mara Carfagna, che twitta senza filtri:
@matteorenzi, per interposta persona, ha licenziato Saccomanni. E’ buona notizia. Come in ‘Dieci piccoli indiani’, non ne resterà nessuno
Getta benzina sul fuoco anche il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri:
“Anche i renziani fanno fuori Fabrizio Saccomanni. C’è chi, come noi, disse già molti mesi fa che l’economia aveva bisogno di una guida politica e adeguata. Ormai tutti lo hanno capito e credo che non ci sia lo spazio per cambi volanti. E’ tutto il governo al capolinea. Prenderne atto è un dovere. Il Parlamento è già chiaro da tempo. Ormai c’è solo da calare il sipario”.
Ma se il Pd si smarca dal tiro al ministro è pur vero che la poltrona per il tecnico Fabrizio Saccomanni è sempre stata scomoda e claudicante. Prima le risorse per la cancellazione dell’Imu sulla prima casa, poi quelle per rinviare l’aumento dell’Iva – in parte scattato lo scorso anno – quindi le nuove polemiche sulla Tasi, sulla mini-Imu e infine sugli scatti salariali degli insegnanti. Così accade ora sul recupero degli scatti sulle buste paga degli insegnanti.
Saccomanni, in ossequio ai patti di governo, ha trovato alla fine le risorse per cancellare l’Imu sulla prima e sulla seconda rata. Ma, in virtù del principio di autonomia e responsabilità, non ha voluto coprire tutti gli aumenti di aliquota dei Comuni, decisi sperando nel ristoro della minore entrata da parte dell’erario centrale. Così è nata la mini-Imu che gli italiani pagheranno il 24 gennaio. Servirà a scendere sotto il 3%, valore simbolo e inderogabile per l’Europa, ma odiato da più parti tanto che un pressing per superare questo dogma è stato fatto anche dal neo segretario Pd, Matteo Renzi, la cui influenza è stata evidente sia sulla vicenda della scuola sia su quella della Web Tax, voluta dal parlamento e ora rinviata. Insomma una poltrona che scotta quella di Saccomanni in attesa che spread e spending review producano qualche miglioramento nei conti pubblici.

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