23 Aprile 2024, martedì
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"Naufraghi con Spettatori". Il libro rivelazione di Gabriella Marazzi.

2899073[1]Gabriella Marazzi , autrice sincera  e sferzante del romanzo “Naufraghi con spettatori2  diventa, attraverso la  sua opera letteraria  , interprete di una pagina della storia  contemporanea e ne traccia il suo dramma fondamentale , lo documenta senza nascondimenti,  ne fa un “romanzo verità”, con cui spronare la coscienza individuale e collettiva ad un impegno che divenga progetto di vita.

Il dramma rappresentato nelle sue pagine “veloci” e sintetiche è l’indolenza collettiva  verso le ferite della società del benessere, che sembrano ormai ovvie , troppo scontate , anche se mietono vittime tra i più giovani  , mentre la società resta spettatrice ed, in tal modo,  diventa complice senza volerlo.

Appare chiaro nel romanzo, seppur svelato da un messaggio sottile e non aggressivo, tuttavia penetrante,   che tale dramma è  la  conseguenza di un male  ancora più devastante che è , appunto, la mancanza di una fede  anche laica verso la vita  , che nutra non solo l’anima, ma che determini inesorabilmente l’intero agire di ogni essere umano, conducendolo verso  mete  evolute dell?esistenza umana, in quanto sorrette dalla verità  e, quindi, generatrici di vita per sé e per gli altri.

Tale mancanza di fede si traduce essenzialmente in assenza  di speranza e di amore ed  identifica, con i tratti  dell’inconsapevolezza e dello smarrimento interiore ed esteriore ,  i due personaggi principali del  romanzo : la madre ed il proprio figlio , erranti, disorientati perché prigionieri di un male incurabile  che è il male di vivere ,  naufraghi nel mare dei  propri errori .

Sono due ammalati di  “mancanza” di amore, non ricevuto e,  perciò,  non saputo donare,  vittime di se stessi , in quanto pervasi entrambi da un?inesorabile forza  distruttiva .

La mancanza di dialogo  tra i due, che pure parlano, tuttavia non si ascoltano perché sordi l’uno  alla voce dell’altro, ormai privi di quelle  forze interiori necessarie  per  desiderare, amare la vita e, quindi, progettare,  si trasforma in silenzio , smarrimento ed inutile girovagare tra una clinica e l’altra perché il giovane possa guarire dalla droga.

Di qui il guaito di un dolore di cui riecheggiano tutte le pagine del  romanzo, seppur tacitato dalla leggerezza di uno stile narrativo che sembra smorzare i toni del disagio vissuto .

Si fa sentire , a sprazzi,  la voce della disperazione che  si manifesta nel lanciare  un appello , di tanto in tanto, contro le istituzioni mediche e sociali , ma anch’essa quasi distante dalla profondità del dramma vissuto dal giovane figlio , dedito all’uso di eroina , che , man mano,  lo uccide , dopo averlo ridotto a rudere , a giovane che vive ai margini della società .

La madre bambina appare immersa nel sonno della “bella addormentata nel bosco”, quasi inconsapevole della concretezza della vita ,  ha gli occhi chiusi  di fronte alla realtà e cerca amori che non riescono, tuttavia, ad  appagarla , che fuggono , vuoti anch’essi, così come  è  vuota la vita dei protagonisti.  

Primeggia sulla scena questa madre bambina, che ha bisogno di carezze e non sa darle, porta il figlio ammalato per mano, come se tenesse per mano un aquilone che si può lasciar volare nel cielo, liberamente , tanto seguirà  il suo corso,   così come lascia  volare nel suo cielo il proprio figlio fino alla sua morte reale. Ed ecco il  paradosso  della relazione madre-figlio  evidenziarsi  in tutta la sua immane incomprensibile crudeltà   :  essi sono molto vicini , addirittura due facce di un unico destino  , non si staccano , né si staccheranno mai  , seppur non esiste una stretta di mano così forte da saperli tenere uniti,  perché il loro amore, se pur distruttivo, è legato ad un filo più robusto che non è quello dell’aquilone, è tanto forte da riunirli, nella morte,  in un amore che non sarà messo alle prova dalla fatuità dell’esistenza , perché ormai eterno e vero,  svelato come tale dalla verità inesorabile che  la  morte reca con sé e dischiude anche agli occhi di chi ne è spettatore . Si amano a tal punto da morire insieme . Muore primo il figlio per droga, poi la madre per suicidio.

Cosa è mancato loro?

Sono mancati  i  significati autentici verso cui indirizzare la propria vita , il senso della propria  identità , la consapevolezza della sacralità del loro essere al mondo , ormai immersi  in una realtà allucinata ed allucinante ,  come è quella della droga .

La madre stanca, che vive nelle favole sbiadite , non ha la forza per reagire al suo dramma , vede e lascia morire il figlio , soffrendo tuttavia e muore anch’essa ormai stanca di essere spettatrice di ciò che non riesce a curare e non vuole accettare .

Non mancano, difatti,  i sentimenti , pur nel vuoto che tutto circonda . Essi sono incarnati dalla disperazione che ha preso il sopravvento , anche se non urlata , perché  trattenuta dall’appartenenza ad una classe sociale che fa vivere le belle maniere ed una certa compostezza anche nei drammi più acuti della propria esistenza .

Il messaggio di Gabriella  Marazzi, tuttavia,  è vivo ed è colmo di significato: essere spettatori del male significa essere responsabili al pari dei carnefici .

Allora che fare? Certo non restare a guardare .

Il suo romanzo “Naufraghi con spettatori” diventa ,  perciò, un romanzo “denuncia”.

Da una vicenda personale si passa ad una vicenda umana, anzi “la vicenda” umana  su cui intervenire per debellare un male che distrugge l’identità profonda dell’essere umano e la sua volontà , conducendolo alla morte , in modo infingardo.

Ora sicuramente si apre un sipario sulle  pieghe doloranti  della società, un nuovo sipario che porta sulla scena una tragica realtà presente nella vita dell’universo giovanile.

Ma c’è di nuovo che gli spettatori non  potranno restano passivi, dovranno inesorabilmente divenire  protagonisti di un risveglio sociale che conduca all’impegno per restituire  ai  giovani il loro  spazio libero , incontaminato , puro,  in cui esprimersi senza paura di essere preda di chi , con il “piacere” subdolo  che uccide, per arricchire sempre più  se stesso , mortificando  la  propria coscienza,  diffonde anche la morte morale e fisica .

E’ ora, quindi, di andare oltre lo spettacolo per agire nella realtà e diventare protagonisti della creazione di una società sana e forte , florida di possibilità creative per i giovani , a cui è doveroso offrire  il diritto di vivere nel migliore dei mondi possibili .

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