4 Dicembre 2024, mercoledì
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Luci e ombre della cooperazione arabo-africana

Tra la Penisola arabica e l’Africa orientale cresce l’interdipendenza economico-sociale, sia positiva che negativa: mentre gli investimenti dei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) nella regione orientale africana continuano ad aumentare, si assiste infatti al consolidamento – proprio fra il Corno d’Africa e il Golfo di Aden – di una macroregione d’insicurezza.

Anche se i temi politici e di sicurezza dovevano essere tenuti fuori dal terzo forum arabo-africano ospitato dall’emiro del Kuwait, i capi di stato e di governo hanno discusso soprattutto però della triade terrorismo-pirateria-immigrazione.

Interazione positiva e negativa
La suggestione di un mercato unico arabo-africano è forse destinata a rimanere tale. Da un punto di vista economico, durante il summit si sono firmati diversi accordi bilaterali: l’Arabia Saudita ne ha siglati sei (con Mauritania, Sierra Leone, Burkina Faso, Uganda, Etiopia, Mozambico), mentre il Kuwait si è impegnato a mettere a disposizione dei paesi africani prestiti per cinque anni a basso interesse per un ammontare di 1 miliardo di dollari.

Il forum ha insistito sulla necessità di intensificare i legami economici e commerciali fra le due aree; la formula preferita sembra tuttavia quella degli accordi bilaterali centrati sulla cooperazione fra pubblico e privato, piuttosto che un più ambizioso progetto di partenariato. Ciò contribuisce a frenare il rilancio degli esperimenti politici di regionalismo finora infruttuosi, come l’Unione del Maghreb Arabo, specie ora che il Marocco è ormai più vicino all’orbita economica del Ccg che a quella dei partner nordafricani.

Il quinto punto della Kuwait Declaration è dedicato al coordinamento delle politiche anti-terrorismo: l’interazione economica e sociale su base regionale, intessuta anche da organizzazioni transnazionali, è infatti un fenomeno di regionalizzazione negativa in espansione, in particolare fra Penisola arabica e Africa orientale.

Golfo vs Brics
Tra il 1990 e il 2008, gli scambi commerciali dell’area Ccg con il continente africano sono passati da 2,7 a 26 miliardi di dollari. Tuttavia, quando la crisi finanziaria ha colpito gli Stati Uniti e l’Unione europea, le monarchie del Golfo hanno irrobustito la presenza economica in Africa, in competizione con i paesi dei Brics.

Gli stati del Ccg, la cui sicurezza alimentare dipende per il 90% dalle importazioni, hanno acquisito lotti di terra agricola (Bahrein, Emirati e Kuwait in Sudan, Qatar in Kenya) e investito nel settore minerario, delle telecomunicazioni e delle infrastrutture. I paesi dell’est africano sono interessati, oltre che al petrolio arabico, all’expertise estrattivo. La scoperta di ingenti quantità di gas offshore nell’Africa orientale, specie fra Tanzania e Mozambico, può ora riproporre lo schema di competizione fra le monarchie del Golfo (tutte importatrici di gas, tranne il Qatar) e i Brics, in particolare Cina e India.

Immigrazione e lavoro
L’immigrazione clandestina (che in parte si lega a terrorismo e pirateria) e le condizioni di vita nonché di lavoro degli expatriates stanno creando attriti fra i governi africani e quelli arabi. A riguardo, il primo ministro dell’Etiopia ha richiamato a una “responsabilità collettiva” tra i paesi di partenza dei flussi migratori e quelli di arrivo. Poche settimane fa, gli scontri che in Arabia Saudita hanno accompagnato la definitiva entrata in vigore della nuova legge sul lavoro sono costati la vita ad almeno tre etiopi.

Solo a novembre, il regno degli Al-Sa‘ud ha rimpatriato 50 mila immigrati in Etiopia e oltre 30 mila yemeniti hanno dovuto fare ritorno a casa, con conseguenze pesantissime sul sistema delle rimesse. Dal summit kuwaitiano, il presidente dello Yemen ha invocato maggior coordinamento su immigrazione e diritto d’asilo.

Dubai, che ha ospitato l’ultimo Africa Business Forum, è ormai il crocevia commerciale tra Africa e Asia. La variabile della finanza islamica agevola l’integrazione economica fra mondo arabo e africano: dopo Gambia e Sudan, altri paesi sub-sahariani stanno preparando l’emissione di bond sukuk, cioè conformi alla sharia e perciò particolarmente appetibili per l’Islamic Development Bank (con sede in Arabia Saudita).

In Africa, la capacità di penetrazione economica dei paesi Brics e soprattutto delle monarchie del Golfo sembra dunque avere gioco facile rispetto a quella occidentale. Tale modello di sviluppo economico, spesso sganciato dal concetto di condizionalità politica caro all’Unione europea, potrebbe però mostrare segni di logoramento già nel medio periodo: alcuni voci africane iniziano ad accusare di land grabbing il Ccg, i cui investimenti non creerebbero ricchezza per gli africani. Nel prossimo decennio, la sfida della sicurezza umana sarà un imperativo, sia in politica interna che estera, per le monarchie della Penisola arabica.


 

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