L’italiano è la lingua più parlata nell’Unione europea (Ue) dopo il tedesco. Questo quanto rivela lo Special Eurobarometer “Europeans and Their Languages” del 2012. Eppure la nostra lingua non compare fra gli idiomi che secondo gli europei dovrebbero essere studiati in via prioritaria: l’inglese (67%), il tedesco (17%), il francese (16%), lo spagnolo (14%) e il cinese (6%).
Tramonto
A livello mondiale, si può registrare una progressiva marginalizzazione dell’italiano. Non solo le regioni un tempo legate all’ambiente culturale italiano, come Nizza, la Corsica, la Dalmazia, non presentano più percentuali minime di parlanti la lingua italiana. Dal 1936 l’italiano non gode più dello status di lingua ufficiale a Malta. Infine, nelle ex-colonie d’Africa, la lingua italiana ha subito un calo costante già dalla fine della Seconda guerra mondiale, fino quasi a scomparire.
La battaglia contro il tramonto della nostra lingua si è compiuta anche a Bruxelles, dove Roma si è attivata per assicurare all’italiano e a tutte le altre lingue ufficiali e di lavoro un rango pari a inglese, francese e tedesco. L’Italia ha fatto vittoriosamente ricorso contro la Commissione per ottenere l’annullamento di alcuni bandi di concorso pubblicati integralmente solo in inglese, francese e tedesco e per l’arbitraria imposizione ai candidati di una lingua a scelta fra queste per le prove (Sentenza della Corte-Grande Sezione 27 novembre 2012, C 566/10P; Sentenza del Tribunale-Terza Sezione 16 ottobre 2013, T 248/10).
Accordi bilaterali
Un interesse considerevole per l’insegnamento dell’italiano si è manifestato in alcuni stati, come in Montenegro, legati strettamente all’Italia anche sul piano economico. Si tratta però di un interesse spesso non adeguatamente soddisfatto, anche a causa della difficoltà di reperire i docenti necessari.
L’Italia affida la regolamentazione di questa materia a specifiche disposizioni inserite in accordi culturali bilaterali, conclusi con numerosi stati e nei loro programmi esecutivi.
Roma si rende disponibile ad accogliere docenti stranieri di lingua italiana a corsi di perfezionamento nel nostro paese (Art. 1.3.3, XIII Programma esecutivo di collaborazione culturale e di istruzione tra Italia e Malta, Peim, 2011-2013; Art. 4.6, XVI Programma esecutivo di cooperazione culturale tra Italia e Austria, Peia, 2012-2016, prevede lo scambio di assistenti di lingua (Art. 4.4 Peia), eroga contributi per il funzionamento di cattedre e lettorati presso le università (Art. 2.3 Peim; Art. 1.5, Program of Educational, Cultural, Youth and Sports Cooperation between the Government of the Italian Republic and the Government of the State of Israel, Peii, 2012-2015), mette a disposizione testi e materiale per l’insegnamento della lingua italiana (Art. 2.4 Peim) o borse di studio (Art. 2.2 Peii; Art. 3.1 Peia).
Nei paesi in cui l’interesse per l’apprendimento della nostra lingua è minore, l’Italia di regola si sobbarca gli oneri economici che il suo insegnamento comporta, ad esempio finanziando i lettorati di lingua italiana presso le università, mentre se la domanda interna è alta è spesso il paese straniero ad attivare delle cattedre di italianistica con finanziamenti propri.
Palcoscenico croato
L’ingresso della Croazia nell’Ue potrebbe costituire un’occasione per voltare pagina e superare la tradizionale impostazione bilaterale. Attualmente sono tre gli stati dell’Ue dove l’italiano gode dello status di lingua ufficiale o co-ufficiale, almeno in una parte del loro territorio: Italia, Slovenia e Croazia.
Proprio in quest’ultimo paese nel 2013 è stata creata un’apposita agenzia per il sostegno del bilinguismo. Si delinea dunque la possibilità per questi tre paesi e per la Svizzera di operare congiuntamente per perseguire obiettivi comuni per la promozione e diffusione della propria lingua.
Del resto, altri stati hanno già dato vita ad organizzazioni internazionali che perseguono queste finalità in modo esclusivo (come la Nederlandse Taalunie per l’olandese) o comunque prioritario (come la Comunidade dos Países de língua Portuguesa per il portoghese o la Francophonie per il francese).
L’Albania – dove l’italiano gode di una diffusione massiccia – è membro della Francophonie e proprio la Croazia ne è stato osservatore dal 2004. Anche la Svizzera del resto ne è membro, ma per la lingua italiana, ufficiale al pari del francese, sembra preoccuparsi più della sua salvaguardia a livello interno che della sua promozione all’esterno.
Fronte comune
L’apertura della Rete per l’Eccellenza dell’Italiano Istituzionale (REI) a professionisti, istituzioni ed enti di Slovenia e Croazia, oltre che della Svizzera, dimostra che già esiste un’esigenza di coordinamento in senso lato nel settore linguistico che dovrebbe essere tenuta in considerazione da tali Stati così come da altri Paesi – come il Brasile – che, caratterizzati in passato da una forte immigrazione dall’Italia, conferiscono ora alla lingua italiana lo status di lingua etnica con le prerogative che ne conseguono.
L’Italia dovrebbe promuovere una cooperazione attiva con gli altri paesi dove la nostra lingua è ufficiale o co-ufficiale perché solo creando un fronte unico sarà possibile evitarne la marginalizzazione nel “mercato delle lingue” e reggere le sfide poste dalla globalizzazione incalzante.