In molti, soprattutto in provincia di Caserta, hanno scelto di passare la notte da parenti o in macchina. La scossa di terremoto che ha colpito domenica alle 18 la Campania e il Molise ha provocato danni alle strutture, soprattutto chiese antiche, e anche tanta pausa.
Alle 18.08 del 29 dicembre la terra ha tremato tra le province di Caserta e Benevento, nella zona a ridosso del Matese, seminando il panico però anche in pieno centro a Napoli dove il terremoto si è avvertito distintamente essendo stato un evento superficiale, a 10,5 chilometri di profondità: in tanti, ai piani alti, hanno pensato con terrore al Vesuvio o a una riedizione del terribile sisma del novembre ’80 che colpì la Campania e la Basilicata.
Il sisma ha avuto una magnitudo di 4.9 ed è stato preceduto poco prima da un’altra scossa di magnitudo 2.7. I comuni più vicini all’epicentro sono stati Castello del Matese, Gioia Sannitica, Piedimonte Matese, San Gregorio Matese, San Potito Sannitico in provincia di Caserta e Cusano Mutri in quella di Benevento. Il Presidente del Consiglio Letta ha seguito l’evolversi della situazione attraverso il Dipartimento della Protezione civile.
Muri e lampadari hanno ‘ballato’, mentre nel Vesuviano chi abita ai piani alti ha visto cadere l’albero di Natale a terra. Verifiche e sopralluoghi attivati subito dopo il sisma hanno consentito di accertare che i danni sono stati abbastanza limitati, in particolare concentrati in alcune chiese di Piedimonte Matese (dove si è registrata anche la caduta di alcuni cornicioni), Alife e San Gregorio Matese.
A Maddaloni, sempre nel Casertano, un uomo in preda al panico è saltato dal piano rialzato di un’abitazione provocandosi, per fortuna, ferite giudicate non gravi. Telefoni in tilt, per diverse ore, nel Beneventano e nel Napoletano con comunicazioni diventate impossibili. Numerosi fedeli sono usciti dalle chiese mentre era in corso la messa serale, sia nel Sannio che in Irpinia.
Scene di panico anche nel Molise: i turisti presenti nella località sciistica di Campitello Matese si sono riversati sui piazzali degli alberghi. La scossa è stata talmente forte da essere avvertita anche a Roma, dove sono state diverse le segnalazioni al 113, e in Ciociaria.
Ogni volta che c’è un evento sismico in Campania i geologi rischiano di passare per quelli del ‘noi l’avevamo detto…’. Ma stavolta il presidente regionale dell’Ordine dei geologi, Francesco Peduto, si limita a chiedersi: ”Se fosse arrivata una scossa forte come quella del 23 novembre 1980 sarebbero stati sicuri i nostri centri storici?”.
Una domanda che meriterebbe un’analisi attenta di ciò che è stato fatto in questi decenni in termini di prevenzione e controllo. Ma, in attesa di svolte epocali, Peduto chiede subito tre cose:
”L’istituzione del ‘fascicolo di fabbricato’ che è come il libretto pediatrico di un bambino e che dovrebbe riguardare sia gli edifici pubblici sia quelli privati specie dei centri antichi, l’aggiornamento della legge 9 del 1983 che prevede interventi per i Piani urbanistici comunali, il varo di veri e propri Piani di protezione civile comunale e a questo proposito va detto che l’assessore Cosenza ha già fatto una deliberazione a giugno scorso di supporto ai Comuni”.
”Devo dire – aggiunge Peduto – che con l’assessore alla Protezione civile si sta lavorando molto sugli aspetti dei rischi geologici in generale e su quello idrogeologico si sta facendo molto”. E sul rischio sismico? ”C’e’ ancora parecchio da fare per tutta una serie di ragioni – afferma il presidente campano dei Geologi – indipendenti dall’attuale classe politica. Scontiamo sicuramente ritardi”.
”Qualche tempo fa – spiega Peduto – c’è stata una riclassificazione sismica, ma, ripeto, molto resta da fare. Non voglio fare allarmismo”. E ora, nell’immediato, cosa occorre fare? ”Un controllo rigoroso a partire da subito, e già stasera alcuni nostri colleghi si sono recati alla Prefettura di Benevento per mettersi a disposizione. Per il futuro occorre lavorare alla prevenzione”.