23 Aprile 2024, martedì
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Allarme valanga euroscettica

“Populisti di tutta l’Europa unitevi”, sotto l’insegna dell’euro-scetticismo. L’invito a una voce viene dalla presidente del Front National francese Marine Le Pen e dal leader del Partito per la libertà olandese (Pvv) Geert Wilders: insieme per liberare i popoli dell’Unione, “dal mostro chiamato Bruxelles”.

L’accordo, generosamente definito “storico”, è stato siglato all’Aia in vista delle elezioni europee del maggio 2014: l’alleanza euro-scettica punta a crescere con ulteriori adesioni, vuole coagulare altri movimenti e guarda, in Italia, alla Lega Nord, che ha deputati a Strasburgo dagli anni ‘90, e al Movimento 5 Stelle ( M5s), che potrebbe portarcene parecchi nella primavera prossima.

Matrimonio politico
I partiti di Le Pen e di Wilders divergono su molti punti, dal giudizio sull’Islam ai diritti dei gay. A fare da collante al loro matrimonio politico è il comune rigetto dell’integrazione europea: Marine predica “’sovranità nazionale” su moneta e bilancio, mentre Geert ci va giù pesante definendo l’Europa uno “stato nazista”.

Altro minimo comune denominatore euro-scettico è la volontà di contare di più a Strasburgo, dove, per formare un gruppo politico, sono necessari almeno 25 deputati provenienti da 7 diversi stati Ue – ad oggi il Fronte nazionale di Le Pen ne conta 3, il Pvv di Wilders 4.

Se il progetto va in porto si ottengono uffici, funzionari, interpreti, fondi e maggior tempo di parola nei dibattiti parlamentari. E i sondaggi, al momento, promettono ai due partiti e ai loro possibili sodali ben più di 25 seggi. C’è chi li vede come una delle forze principali della prossima Assemblea, a contendere il terzo posto, dietro popolari e socialisti, ai ‘liberali e democratici’. Quando si voterà, nella prossima primavera, conterà l’affluenza alle urne, oltre che il clima politico ed economico.

Reclutando nuove leve
Nata l’alleanza, bisogna quindi reclutare nuovi membri per darle efficacia. Wilders si è detto pronto a inglobare i secessionisti fiamminghi del Vlaams Belang, i Democratici svedesi – estrema destra -, l’Alternativa per la Germania (Afd), il Partito della Libertà austriaco (Fpoe) e la Lega Nord.

Interessano anche gli euro-scettici britannici dell’Ukip, guidati da Nigel Farage, partito che da solo conta 13 eurodeputati e che, però, sembrerebbe, per ora, volersi smarcare dalla neonata alleanza franco-olandese. Esclusi invece i greci di Alba Dorata, i bulgari di Ataka e gli ungheresi di Jobbik, tutti accusati di derive razziste e antisemite. Se la predica viene da quel pulpito c’è da credere vi sia del vero.

La porta dovrebbe rimanere aperta anche per il M5s che la Le Pen segue con interesse da tempo. Ad ottobre la leader del Fonte nazionale aveva sollecitato Beppe Grillo ad avviare una “riflessione” su una possibile alleanza verso le elezioni europee. Grillo non ha ancora risposto ufficialmente all’invito della Le Pen, ma sui media sono circolate voci di avvicinamento, smentite però dal guru del Movimento Roberto Casaleggio: “Non ho mai avuto né ho intenzione di avere alcun contatto con esponenti del Front National. Chi afferma il contrario mente”.

È però vero che le prese di posizione dei leader del M5s sull’immigrazione, ad esempio, accostano il movimento più alla destra euro-scettica che alla sinistra euro-critica, da cui, per altro, Sel vorrebbe smarcarsi per entrare nel Partito socialista europeo. E i discorsi di Genova il 1° dicembre, con la prospettiva, ad esempio, di un referendum sull’appartenenza all’euro, sono musica per la Le Pen e Wilders.

Allarme germanico
Gli ultimi segnali d’allarme elettorali d’una valanga euro-scettica alle prossime europee sono stati germanici: il balzo in avanti nelle politiche austriache del partito di estrema destra, euro-scettico e xenofobo, è venuto una settimana dopo le politiche tedesche, dove gli anti-euro di Alternativa erano sì rimasti fuori dal Bundestag, ma avevano sfiorato la soglia del 5%: un dato accolto con un sospiro di sollievo a Bruxelles. Ma l’impatto dell’Afd potrebbe essere ben maggiore fra sei mesi: la posta in gioco per i cittadini sarà meno alta e il voto di protesta più facile.

In Austria, l’Fpoe creata da Joerg Haider e oggi guidata da Heinz-Christian Strache, ha guadagnato quasi quattro punti ed è salito al 21,4%, senza, però, scalzare la grande coalizione tra socialdemocratici e popolari, nonostante i maggiori partiti abbiano perso ciascuno più del 2% dei voti: Werner Faymann è ancora cancelliere di quella subito ribattezzata “la coalizione dei perdenti” e Michael Spindelegger è suo vice.

Il voto austriaco ha rilanciato lo spettro ricorrente dell’avanzata di un’estrema destra euro-scettica, reso più concreto dall’alleanza Le Pen – Wilders. I leghisti insistono sul concetto che “i popoli vogliono un’altra Europa: la gente è contro l’euro e l’Unione, non vuole l’immigrazione selvaggia né la corruzione politica”. Strache predica lotta alla corruzione e pugno di ferro sull’immigrazione, ce l’ha con l’Europa dei tecnocrati e dell’euro: i manifesti della destra euro-scettica s’assomigliano e si sovrappongono, nell’Unione.

Ampio spettro euroscettico
In ogni paese, i movimenti di destra o estrema destra euro-scettici hanno caratteristiche diverse, talora sono radicati sul territorio e hanno radici forti, talora varcano il limite dell’euro-delirio: attenti a non farne un unico fascio neo-nazista nel segno di Alba Dorata. E vi è pure un populismo euro-scettico di sinistra, rafforzato dalle ferite sociali inferte dal mix crisi e rigore.

I paesi nordici democratici per antonomasia hanno una cospicua forza leghista in Finlandia e punte neo-naziste in Svezia. In Ungheria, c’è al potere il partito del premier Viktor Orban che è nel Partito popolare europeo, ma ha inquietanti venature anti-democratiche. E la Repubblica Ceca è stata una culla dell’euro-scetticismo ai tempi del presidente Vaclav Klaus che si propone di scendere in campo alle europee, quando l’affluenza alle urne ridotta e il basso rapporto apparente voto-governo inducono a scelte di protesta dimostrative.

Alcune forze euro-scettiche hanno avuto esperienze di governo, in Olanda, in Austria, in Italia; altre vivono d’opposizione. E resta da approfondire il rapporto ‘grandi intese-area della protesta’. La formula dilaga nell’Ue: Italia a parte, Belgio, Olanda, Austria, Germania. Con il rischio di portare a coincidere l’area dell’opposizione con quella dell’euro-scetticismo.

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