29 Marzo 2024, venerdì
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Codice della strada: il dubbio sulla maggiorazione nella riscossione coattiva di sanzioni

Secondo prassi da tempo consolidata tra gli Enti Locali e le Prefetture, le sanzioni amministrative pecuniarie del codice della strada non pagate nei termini previsti, sono iscritte a ruolo, ai sensi degli articoli 203, comma 3, e 206, comma 1, del codice della strada, per una somma pari alla metà del massimo, oltre alle spese di accertamento, notifica e procedimento, e sono soggette alla maggiorazione del 10% semestrale per effetto dell’art. 27 legge 24.11.1981 n.689, espressamente richiamato.

La Cassazione aveva già insinuato qualche dubbio in merito con la sentenza n. 3701 pubblicata il 16 febbraio 2007, con la quale la Suprema Corte non riteneva corretta l’applicazione della maggiorazione del 10% su base semestrale delle sanzioni amministrative in materia di circolazione stradale.

Con la recente pubblicazione del parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato, che con nota n. 328804 del 31 luglio 2013 condivide il giudizio di Cassazione, la questione torna alla ribalta ingenerando aspettative tra tutti gli utenti della strada.
Con la sentenza 3701/2007, la Cassazione aveva osservato che “Alle sanzioni, come nella specie stradali, si applica l’articolo 203 Cds, comma 3, che, in deroga alla legge n. 689 del 1981, art. 27, in caso di ritardo nel pagamento della sanzione irrogata nell’ordinanza – ingiunzione, prevede l’iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10%. Aumenti, pertanto, correttamente ritenuti non applicabili dal Giudice di pace.”
L’Avvocatura dello Stato, in risposta ad un quesito presentato dalla Prefettura di Novara, concludeva che “Allo stato non vi sono motivi per non dare corso a quanto stabilito dalla Cassazione”.
Il fondamento di tale convincimento si basa sulla presunta “deroga alla L. n. 689 del 1981, art. 27”, che risulterebbe palesemente in contrasto con quanto stabilito dal successivo art. 206 del c.d.s., il quale stabilisce invece che “la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria è regolata dall’art. 27 della stessa legge 24 novembre 1981, n. 689.”.

Un attenta lettura dell’art. 203, comma 3, del c.d.s. evidenzia però l’equivoco sorto sul riferimento normativo della legge 689/81 a cui si riferisce la deroga, che risulta essere in realtà all’art. “17” anziché all’art.”27” come erroneamente sostenuto.
L’art. 203, comma 3, del c.d.s., dispone infatti che: ”Qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento.”, con riferimento quindi all’obbligo del rapporto all’autorità amministrativa competente ex art. 17 l. 689/81 e non all’esecuzione forzata di cui all’art. 27 l. 689/81.

L’equivoco non è di poco conto se si considerano gli eventuali effetti in termini economici sugli Enti creditori e sugli utenti della strada, tuttavia ci si chiede se questo potrebbe essere un buon motivo “per non dare corso a quanto stabilito dalla Cassazione”.

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