29 Marzo 2024, venerdì
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Nessuna immunità per Kenyatta

È stato posticipato per la terza volta l’inizio del processo nei confronti del presidente del Kenya, Uhuru Muigai Kenyatta, dinanzi alla Corte penale internazionale (Cpi). Il processo, che doveva aprirsi il 12 novembre, è stato provvisoriamente rinviato al 5 febbraio 2014 per dare tempo all’accusa di indagare su alcuni fatti che metterebbero in dubbio l’autenticità delle testimonianze raccolte contro Kenyatta.

Crimini contro l’umanità
I fatti di cui Kenyatta è accusato risalgono al periodo immediatamente successivo alle elezioni presidenziali del dicembre 2007, nelle quali come leader del Partito dell’unità nazionale (Pun) sostenne il presidente uscente Mwai Kibaki contro il candidato del Movimento democratico arancione (Mda) Raila Odinga.

Per assicurare il mantenimento al potere del Pun, Kenyatta avrebbe pianificato e ordinato la commissione di crimini contro l’umanità, precisamente omicidio volontario, deportazione e trasferimento forzato, stupro, persecuzione e altri atti inumani, nei confronti di migliaia di civili presunti sostenitori del Mda nelle città di Nakuru e Naivasha. Nel quadro delle violenze postelettorali del 2007-2008 più di mille civili furono uccisi e oltre seicentomila furono costretti ad abbandonare le proprie case.

Corte penale internazionale
La carica di capo di stato che Kenyatta riveste non vale a sottrarlo al processo. Secondo l’art. 27 par. 2 dello statuto della Cpi, nessuna immunità derivante dalla carica ricoperta può essere invocata dinanzi alla Corte.

Il processo a Kenyatta sarebbe il primo a un capo di stato in carica dinanzi ad un tribunale penale internazionale. Nei confronti del presidente sudanese Omar Al Bashir, la Cpi ha emanato due mandati d’arresto che non sono stati ancora eseguiti: il primo nel 2009 per crimini contro l’umanità e crimini di guerra e il secondo nel 2010 per il crimine di genocidio.

Kenyatta ha finora evitato l’emanazione di un mandato d’arresto nei suoi confronti assicurando la sua presenza alle udienze della fase preprocessuale.

È invece iniziato il 10 settembre il processo davanti alla Cpi nei confronti del vicepresidente del Kenya, William Samoei Ruto, anch’egli accusato di crimini contro l’umanità, precisamente omicidio volontario, deportazione e trasferimento forzato e persecuzione di civili, nell’ambito delle violenze postelettorali del 2007-2008.

Unione africana
L’Unione Africana (Ua) si è attivata – finora senza successo – non solo per scongiurare il processo all’Aja a carico di Kenyatta e Ruto, ma anche per impedire l’avvio di ulteriori procedimenti dinanzi alla Cpi nei confronti di capi di stato o di governo africani in carica.

Nella sessione straordinaria dell’11 e 12 ottobre, l’Assemblea dell’Ua non è tuttavia giunta – come si temeva – a decidere il ritiro in blocco dallo statuto della Cpi dei trentaquattro stati africani che ne sono parti, ma si è limitata ad affermare che nessun procedimento dovrebbe iniziare o proseguire dinanzi ad un tribunale internazionale contro un capo di stato o di governo dell’Ua durante il suo mandato e ad adottare alcune misure per realizzare questo obiettivo.

Come deliberato dall’Assemblea, il Kenya ha subito chiesto al Consiglio di sicurezza (Cds) di disporre il differimento dei procedimenti nei confronti di Kenyatta e Ruto e una delegazione dell’Ua ha avviato consultazioni con i membri del Consiglio allo scopo di ottenere detto differimento.

Solo il Cds potrebbe imporre alla Cpi il rinvio del processo nei confronti di Kenyatta e la sospensione di quello a carico di Ruto. In virtù dell’art. 16 dello Statuto, nessun procedimento può iniziare o proseguire nei dodici mesi successivi alla data in cui il Cds abbia formulato una richiesta in questo senso alla Corte, con una risoluzione ex capitolo VII della Carta dell’Onu.

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