29 Marzo 2024, venerdì
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L’idillio fra Stati Uniti e Germania sta per cessare: ecco perchè.

obama merkel

L’idillio fra Stati Uniti e Germania sta per terminare. E questo perchè anche gli Stati Uniti si sono accorti che la Germania è tornata a essere un pericolo pubblico numero uno per l’umanità come già è avvenuto due volte nel secolo scorso.

Appena qualche giorno fa il ministero del Tesoro americano, quasi a voler dare ragione delle intercettazioni della Merkel,  ha accusato  senza mezzi termini il governo di Berlino di essere troppo egoista in campo economico a scapito degli altri Paesi dell’Eurozona. Questi sarebbero indeboliti – secondo Washington – dai pesanti export della Germania e dall’eccessivo  contenimento delsuo import . Nel suo rapporto semestrale sulle politiche economiche dei Paesi concorrenti con gli Stati Uniti, il Tesoro americano spiega  che la crescita economica tedesca anche in tempi di crisi è dovuta soprattutto alle politiche economiche che puntano a valorizzare le esportazioni e a deprimere la domanda interna e i consumi e quindi le importazioni, con effetti negativi evidenti sui Paesi vicini i quali non esportano più in Germania come facevano un tempo e non hanno la stessa capacità di esportare in così grandi quantità prodotti finiti come la Germania.

Inoltre questi effetti negativi si riverberebbero su tutta l’economia mondiale in quanto la Germania, con l’austerità non vuole sanare i bilanci dei paesi del’eurozona ma mira  a far fare loro la stessa sua politica (più esportazioni meno consumi meno importazioni) provocando così effeti recessivi su tutto il pianeta.

Sicchè ora gli Stati Uniti hanno posto la Germania – ancora prima della Cina, solitamente presa di mira nel rapporto per il troppo basso tasso di cambio della sua moneta. – tra i paesi cosiddetti key findings, ossia paesi considerati problematici e  ostili rispetto alle politiche degli Stati Uniti d’America.

Il focus su Berlino rappresenta un netto cambio di rotta dell’amministrazione Obama, regisdtratosi anche in politica estera dopo l’avvicendamento Kerry-Clinton.

Sin dallo scoppio della crisi del debito dell’Eurozona, nel 2010, i funzionari americani hanno evitato di esprimere pubblicamente critiche verso la Germania dato il suo ruolo centrale nel tenere unito il blocco dell’area euro, cui gli americani ancora tengono (ma per quanto?). Ora però Washington pare abbia deciso di prendere di petto le politiche tedesche. Perché?. Per spiegarlo, può servire una cifra: nel 2008, prima della crisi Lehman, l’area euro registrava un deficit commerciale con il resto del mondo  di 100 miliardi di euro. Oggi è in attivo di 300 miliardi. Perfino paesi in crisi come Italia e Spagna fanno  parte di questo club che vanta un surplus della bilancia dei pagamenti (cioè con le esportazioni che superano le importazioni). Ma questo non è il frutto di una ripresa dell’economia, ma di una compressione dei consumi interni, dovuta all’austerità, che però aggrava ogni giorno di più le condizioni dei paesi dell’eurozona, creando in qeusti paesi disoccupazione, recessione, nuova povertà e aumento del debito sovrano.
crisi-debito-3 Inoltre“la stagnazione o la recessione costante di una parte consistente dell’Europa Occidentale consente alla Germania di contrastare la svalutazione del dollaro, che è indispensabile agli Stati Uniti d’America per scaricare il peso del suo colossale debito, che è detenuto per metà dalle banche asiatiche, soprattutto cinesi e giapponesi“.

Infine dopo le perdite accusate in Usa, le banche tedesche hanno ritirato con grande rapidità i fondi investiti, per sfruttare i maggiori rendimenti,  in Sud Europa e  in Irlanda.
Anche l’Italia, assieme ad altri, si è trovata costretta con l’imposizione del rigore e dell’austerità a comprimere i consumi per raggiungere, come è avvenuto, un surplus nella bilancia commerciale. Una politica virtuosa che avrebbe funzionato se anche la Germania avesse adottato una politica monetaria espansiva, garantendo lavoro e consumi al resto dell’Europa. Ma al contrario, da Roma a Madrid il surplus è stato ottenuto solo stringendo la cinghia, ovvero tagliando le importazioni.

Peraltro la combinazione tra euro forte surplus commerciale e  consumi che stentano sta  alimentando quella che viene considerata la peste dell’economia: la deflazione. L’indice dei prezzi in zona euro è salito a ottobre  solo dello 0,7%, come non capitava dal momento più buio della recessione del 2009. Prezzi sempre più bassi che convincono le famiglie a rinviare gli acquisti («perché cambiare macchina adesso se tra un anno me la venderanno a meno?») e a risparmiare, per paura, sempre di più. Così si crea «la trappola della liquidità»: nessuna impresa prende a prestito denaro perché non trova occasioni redditizie per investire..

Tanto più pericolosa è la politica economica della Germania quanto più essa si pone in contrasto con la ricetta che stanno adottando tutti i paesi occidentali per risollevarsi dalla crisi.

Dopo la crisi del 1929 questi paesi pensarono di risollevarsi (e di fatto si risollevarono) attuando una politica monetaria espansiva basata sulla diffusione di nuova moneta (stampare nuova moneta e metterla in tasca alle famiglie e alle imprese perché le prime tornassero a spendere e le seconde tornassero ad investire con il cambio che va giù, per cui si esporta di più e si lavora di più). La stessa cosa di allora stanno facendo oggi  molti paesi occidentali per superare la crisi del 2008.: più moneta per più consumi e più investimenti. Sicuramente le politiche monetarie espansive ridurranno il valore della moneta già circolante, ma questo non è un male come non è un male qualsiasi svalutazione della moneta se il valore della moneta corrente è al di sopra dei valori dell’economia reale. Quindi in un mondo occidentale che stampa moneta per ripartire, la Bce (sia pure con qualche voce difforme per evitare un pericolo di deflazione in questo momento in atto) fa eccezione e l’eurozona vuole esportare ma non importare, con il rischio di mandare a pallino le politiche monetarie espansive del resto del pianeta. politica mnonetaria draghi

Ora il problema è:
Quanto può durare una situazione così squilibrata? Fino a quando il mondo è disposto a comprare da un’economia (quella tedesca e dedl’aurozona) che a sua volta non vuole comprare dalle altre economie ma solo vendere? Che tipo di tensioni può geneare una simile situazione?

 

Michele Imperio.

 

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