20 Aprile 2024, sabato
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Lo spread non cala solo con il bilancio

Le ricette tradizionali di politica economica non hanno riportato sinora il livello del premio per il rischio dei Btp a livelli sostenibili. Non è bastata la riforma pensionistica più strutturale dell’eurozona, forse dell’area Ocse, a stabilizzare lo spread. E non hanno ottenuto molto i potenziali 87 miliardi di maggiori imposte dovute tra il 2012 e il 2014 a carico degli italiani. Tutto quello che era tassabile è stato tassato dai governi della Repubblica italiana a partire dall’ estate del 2011, in un susseguirsi di manovre di bilancio finalizzate a ridurre la febbre da spread e mettere in garanzia il debito pubblico. Ma il differenziale tra i Btp decennali e gli analoghi Bund tedeschi rimane inchiodato al 2,5%, 250 punti base che rendono nei fatti non sostenibile il finanziamento del debito italiano nel medio termine. Perché tanta cassa generata dall’economia italiana e messa a disposizione, e in qualche modo a garanzia, del rimborso del debito pubblico non è in grado di saziare la domanda di spread da parte degli investitori? La spiegazione più semplice, che comunque in economia ha una sua teorizzazione specifica, convince poco. Per i fautori della path dependency i fatti passati sono riflessi nei valori dell’attualità, muovendosi prezzi e premi lungo una traiettoria di continuità tra quanto deciso prima e quanto adottato poi. Come dire, una volta liberato lo spread dalle catene immaginarie prodotte dall’euro, capaci di far credere ai mercati che i premi per il rischio di emittenti diversi per politiche di bilancio e finanza pubblica del passato fossero molto simili, i differenziali sono tornati ai loro livelli normali. Ma se così fosse, le manovre di aggiustamento della finanza pubblica dovrebbero produrre risultati diversi di quelli ottenuti, mentre lo spread rimane ad alta quota. Per capire meglio è opportuno osservare il contesto senza indossare le lenti tradizionali della politica economica. Provare a chiedersi quale premio richiede oggi l’investitore globale medio per prestare all’Italia invece di puntare sulla Corea o il Canada. Individuare quali nuovi fattori, più di altri, influenzano l’allocazione dell’offerta di capitale globale, bene comunque scarso, e perché lo spread italiano ne è penalizzato.

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