20 Aprile 2024, sabato
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Condannato a 16 anni per l’omicidio della ex, si impicca in carcere

Si è ucciso stamani, impiccandosi nel bagno della propria cella all’interno del carcere di Trieste, Giulio Simsig, 50 anni, condannato in secondo grado a 16 anni di carcere per l’omicidio dell’ex convivente, Tiziana Rupena. Lo rende noto il segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, Donato Capece. Il suicidio – riferisce Capece – si è verificato intorno alle ore 9.40. Simsig si è impiccato usando la cinta dell’accappatoio sorretta alla cerniera della porta del bagno. «A nulla – prosegue il sindacalista – è valso purtroppo il pronto intervento del personale di Polizia Penitenziaria, allarmato dal compagno di cella del detenuto che aveva sentito il tonfo. Il detenuto è stato soccorso dal personale infermieristico del carcere e dal personale medico del 118 che ha cercato di rianimarlo».

Già a luglio, ricorda Capece, Simsig aveva tentato di buttarsi nel vuoto della tromba delle scale del Tribunale di Trieste, ma in quella occasione era stato bloccato dalla scorta della Polizia Penitenziaria. Giovanni Altomare, Segretario del Sappe per il Friuli Venezia Giulia, sottolinea come «purtroppo l’annosa e nota carenza di organico di Polizia Penitenziaria di circa trenta unità che interessa il carcere di Trieste, non consente di offrire un’adeguata e assidua sorveglianza a quei soggetti particolarmente inclini a gesti inconsulti. Il sovraffollamento di circa cento detenuti in più rispetto alla capienza consentita nel carcere di Trieste limita fortemente, nonostante gli sforzi, anche l’intervento di altre figure professionali deputate al sostegno morale e psicologico di tali soggetti».

Secondo una dinamica ormai frequente nei delitti contro le donne, Simsig aveva raggiunto la casa della ex con il proprio scooter, si era arrampicato su un balcone e, sfondando una porta-finestra, era entrato nell’appartamento aggredendo la donna nei pressi della stanza da letto e colpendola mortalmente più volte con un coltello, sotto gli occhi della madre. Poi aveva aspettato i militari all’ingresso. Secondo l’accusa, Simsig aveva ucciso l’ex compagna – che faceva la cuoca in una nota trattoria cittadina – allo scopo di «punirla» aver posto fine alla loro relazione. Da subito i legali avevano cercato di accreditare le attenuanti di uno stato psicologico «disturbato» dell’omicida, che in primo grado venne condannato a 18 anni di reclusione con rito abbreviato, pena poi ricalcolata a 16 anni e otto mesi in secondo grado.

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