24 Aprile 2024, mercoledì
HomeNewsApres nous le deluge (dopo di noi il diluvio) Enrico Letta come...

Apres nous le deluge (dopo di noi il diluvio) Enrico Letta come Re Sole?

di Michele Imperio

re sole 2 Leggo sgomento i commenti che ancora i giornali dei gruppi Elkan e De Benedetti fanno sulla recente seduta del Senato in cui è stata respinta la mozione di sfiducia del governo inizialmente propugnata da Silvio Belrusconi e poi respinta con il ripensamento dello stesso Berlusconi, ma con una pesante filippica, del tipo di quelle greche, di Sandro Bondi.

Questi giornali, ancora oggi, scrivono trionfanti: Ha vinto Tizio! Staiamo asfaltando Caio! E’ finita l’era di Caio! Caio si è dovuto sottomettere a Sempronio, il suo ex delfino! Sempronio ha fatto il parricidio! Un giuornlista di questi gruppi editoriali addirittura ha scritto, non ho capito se preoccupato o divertito: Il vero sconfitto della battaglia non è Caio! E’ Mevio! Il quale ore dovrà aspettare il 2015. E qualcuno ancora ha scritto: Però ci penseranno i grillini a riportare in gara Mevio! Perché essi nel segreto dell’urna voteranno contro la decadenza di Berlusconi come senatore, daranno la colpa al P.D. e quindi queto farà cadere il governo e conseguentemente interromperà la legislatura!

Mi chiedo: ma siamo impaziti?

Ma come! il nostro paese sta srpofondando nel default e i nostri giornali si interessano se in base al voto di giovedì scorso ha vinto Tizo, ha perso Caio o ha perso Mevio!

E poi che significa per qeusti signori vincere o perdere?

Forse costoro dimenticano la sorte che la storia riserva a chi si mette alla testa di una classe dirigente di un paese problematico e si mostra poi incapace di risolvere questi problemi! La reazione del popolo in questi casi è peggio che una slavina, che un evento tellurico, che un uragano americano!

Io in questo momento non mi vorrei trovare nei panni di Enrico Letta. Perchè indubbiamente dopo il voto di giovedì scorso la sua posizione si è rafforzata, ma questo signore mi pare assolutamente incapace di dare soluzione anche a uno dei gravi problemi che affliggono il nostro paese e quindi più si rafforzerà la sua posizione più si aggraverano i problemi, più egli verrà odiato dal popolo.

letta renziNella migliore delle ipotesi (ossia nella ipotesi che non si sia venduto) Enrico Letta è di quelli che vogliono restare nel’euro,che si sentono sottomessi al vincolo esterno (ce lo chiede l’Europa come facciamo a dire di no?) che sogna due eventi che non si realizzeranno mai: gli Stati Uniti d’Europa e gli eurobond garantini dalla Germania. E’tra quelli che ancora non hanno capito che il vero intento dell’euro è quello di togliere la sovranità agli stati nazionali per mettere il potere in mano ai banchieri ossia a persone che non sono chiamate a rispondere di ciò che fanno, perché non sono elette dal popolo e eprchè lavorano nell’ombra. L’euro è diventato lo strumento di questo passaggio di potere. E tutto questo sta avvenendo con l’appoggio di giornali di settori editoriali ben individuati come per esempio in Italia i settori editoriali facenti capo ad Elkan e a De Benedetti oppure in Gran Bretagna i settori editoriali facenti capo ai Rotsdchildt (come Economist e Financial Time), i quali esaltano e riveriscono questi soloni dell’euro.

elkan Diceva Napoleone: temo di più tre giornali che centomila baionette. Vero, però attenzione che quando la gente capisce quante balle raccontano i giornali di Elkan e De Benedetti e si stufa di credere, potrebbe passare alle baionette Se va avanti questa morìa di aziende e s’allarga la disoccupazione, non è una evenienza così impensabile. E chi pagherebbe per primo è Enrico Letta. Non lo dico io, è la storia che lo insegna. de benedetti

calonneVerso la metà del 700 il debito publico in Francia aumentò fino a 80 milioni di livres e Luigi XV re sole affidò il ministero delle Finanze a Charles Alexandre de Calonne.
Il nuovo ministro pensava di riorganizzare le spese del Reame coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 1783 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti (i BOT). Calonne decise allora di aumentare il costo del denaro e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori, incentivare l’economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio. Calonne fece della spesa la sua dottrina e dopo aver saldato i debiti trattò gli acquisti dei castelli di Rambouillet e Saint Cloud per i sovrani e attinse anche al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati ad amici e sostenitori del Re. Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 50% del bilancio statale: le spese di corte, sebbene fossero il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano quelle più appariscenti e impopolari.
Nel 1786, Calonne apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia. Capì che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando di nuovo tutte le classi sociali. Presentò al re la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla nobiltà e dal clero: era chiaro che l’eguaglianza in fatto di tasse avrebbe poi sicuramente portato all’eguaglianza civile. Luigi XVI esitò a varare questa e altre riforme. L’’Assemblea dei Notabili, da canto suo si oppose alle proposte di Calonne. Formata principalmente da persone privilegiate (la casta) vedeva in quelle riforme delle leggi che avrebbero danneggiato certi interessi. Il 4 aprile 1787, il presidente dell’Assemblea, l’arcivescovo Loménie de Brienne, si presentò da Maria Antonietta chiedendo la destituzione di Calonne e richiese il ministero per sé ma ormai la Francia era sull’orlo della bancarotta.
après nous le déluge.(dopo di noi il diluvio) disse a Madame de Pompadour ) per sollevare il morale di Luigi XV, suo amante. E sappiamo tutti poi come andò a finire (rivoluzione francese, ghigliottina, Robespierre, restaurazione).

napolitanoNel 2011 in Italia il deficit aumentò fino a 1.900 miliardi di euro e il governo vanne assegnato da Giorgio Napolitano a Mario Monti primo ministro non eletto dal popolo .
Il nuovo primo ministro pensò di riorganizzare le spese del Reame (Italia) e saldare i debiti di evasione, sperpero e quant’altro coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 2011 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia i debiti di Bot e CCT, sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti. Mario Monti decise così di aumentare il costo del denaro (aumentando l’inflazione con nuove tasse) e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori, incentivare l’economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio. E aggiunse che quasi la crisi era alle spalle. Ma Mario Monti fece della spesa la sua dottrina: dopo aver saldato i debiti e fatto scendere un po’ lo Spread trattò sulle spese per l’IMU e attinse anche al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati agli amici e sostenitori (banche, Monte dei Paschi casta-politica, ecc). Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 120% del bilancio: le spese della casta politica, sebbene fossero il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano quelle più appariscenti e impopolari.

mario monti Nel 2012, Mario Monti apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia visto che – contrariamente alle sue previsioni il PIL continuava a scendere eil debito sdontinuava a salire. Capì che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando in modo equo tutte le classi sociali. Presentò al popolo la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla casta e dal clero: era chiaro che l’eguaglianza in fatto di tasse avrebbe poi sicuramente portato all’eguaglianza civile. Mario Monti ancora attaccato allo status quo come lo aveva sempre conosciuto esitò a varare questa e altre riforme che sarebbero state discusse alla camera. L’Assemblea si sarebbe tenuta a Roma, ma venne rinviata a causa dei bisticci politici.. L’Assemblea si oppose alle proposte di Monti. Formata principalmente da persone privilegiate era naturale che si opponessero a riforme che avrebbero danneggiato i loro interessi. Il 23 aprile 2012, il presidente della confindustria, Marcegaglia, si presentò da Elsa Fornero chiedendo la destituzione di Monti. Ma questa mossa mnon bastò. ormai L’Italia e l’Europa tutta erano in bancarotta.

A Mario Monti, sempre per volontà di Giorgio Napolitano e sempre senza elezione del popolo, successe Enrico Letta il quale finse di togliere l’IMU, aggiunse un punto di Iva, aumentò ulteriormente il costo della benzina, cominciò a svendre Eni, Enel eFinmecanica, pensando fra sé e sé: après nous le déluge.(dopo di noi il diluvio).
Già dopo di lui o insieme a lui e travolgendo anche lui?

Michele Imperio

Sponsorizzato

Ultime Notizie

Commenti recenti