Le pagine dell’inchiesta bresciana sul delitto di Garlasco si arricchiscono di un nuovo capitolo, inatteso e potenzialmente dirompente. A quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi, assassinata nella sua villetta il 13 agosto 2007, emergono dettagli che riaccendono i riflettori su un nome rimasto per anni ai margini: quello di Andrea Sempio. Non nuove accuse, né ipotesi alternative ricostruite a tavolino, ma elementi documentali che, secondo i magistrati, meritano una nuova lettura.
Nel fascicolo aperto dalla Procura di Brescia compare un segmento di 48 ore che i pm considerano decisivo. È il fine settimana del 21 e 22 gennaio 2017. In quelle due giornate si concentra un fitto scambio di telefonate tra Sempio, allora trentenne, i suoi legali e Silvio Sapone, il carabiniere che guidava la polizia giudiziaria della Procura di Pavia. Un ritmo di contatti giudicato anomalo dagli inquirenti bresciani: in quei giorni, sottolineano, non esisteva alcun atto da notificare, nessun passaggio procedurale che giustificasse un dialogo istituzionale tra la Procura pavese e un sospettato dell’omicidio.
Gli investigatori non si spingono oltre, ma annotano la circostanza come uno dei tasselli che oggi pesano nell’indagine a carico di Mario Venditti, ex procuratore capo di Pavia, accusato di aver favorito l’archiviazione della posizione di Sempio in cambio di una presunta dazione tra i venti e i trentamila euro. Una contestazione grave, che l’ex procuratore respinge, ma che la Procura di Brescia sta ricostruendo partendo da atti, tabulati e testimonianze.
Il nodo delle chiamate, pur non costituendo di per sé una prova di reato, si intreccia con il momento in cui, nel 2017, la posizione di Sempio fu definitivamente messa da parte. Secondo i pm, la rapidità con cui si arrivò alla chiusura del suo fascicolo e la dinamica degli scambi telefonici di quel fine settimana potrebbero rappresentare un indizio della rete di rapporti che, all’epoca, influenzò le decisioni della Procura pavese.
L’inchiesta non rimette automaticamente in discussione l’intera vicenda giudiziaria del delitto di Garlasco, né riscrive le responsabilità stabilite nei confronti di Alberto Stasi, definitivamente condannato nel 2015. Ma apre uno squarcio su ciò che avvenne negli anni successivi, su come fu gestito il quadro degli “altri possibili sospetti” e sulle dinamiche interne agli uffici inquirenti.
In attesa dei prossimi sviluppi, resta un dato: quelle 48 ore di telefonate, mai spiegate in maniera convincente, sono ora un passaggio centrale nella nuova indagine. Un episodio minimo nella durata, ma non nella portata, che riporta il delitto di Garlasco dentro l’attualità giudiziaria con una domanda irrisolta: perché, in un weekend senza atti da notificare, si aprì un canale tanto intenso tra Sempio e uno dei protagonisti della macchina investigativa pavese?

