21 Novembre 2025, venerdì
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Ergastolo alla nonna per il neonato soffocato

La Corte d’Assise ricostruisce l’orrore di Villa San Giovanni e condanna Anna Maria Panzera

È una sentenza che chiude uno dei casi più traumatici degli ultimi anni per la comunità di Villa San Giovanni e per l’intero Paese. La Corte d’Assise di Reggio Calabria ha condannato all’ergastolo Anna Maria Panzera, ritenuta responsabile della morte del neonato trovato senza vita il 26 maggio 2024, abbandonato all’interno di uno zaino tra gli scogli della zona degli imbarchi dei traghetti. Una vicenda che ha colpito per la ferocia dei dettagli, per la vulnerabilità delle persone coinvolte e per la lucidità con cui la donna avrebbe agito nelle ore successive al parto della figlia tredicenne, affetta da deficit psichico.

Secondo l’impianto accusatorio, confermato in aula da indagini e perizie, Panzera avrebbe preso il bambino appena nato, ancora con il cordone ombelicale attaccato, e lo avrebbe collocato in uno zainetto per poi abbandonarlo sulla scogliera che costeggia il lungomare della città. A incastrarla sono state soprattutto le immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona, che l’hanno ripresa mentre raggiungeva il tratto di costa isolato e lasciava lo zaino tra le rocce. Quelle sequenze sono diventate uno degli assi portanti dell’intera ricostruzione investigativa.

Gli accertamenti medico-legali non hanno lasciato margini di ambiguità. Il neonato era venuto al mondo vivo, assistito dalla madre minorenne, e la morte è stata causata da soffocamento. Una conclusione che ha rafforzato ulteriormente la posizione dell’accusa, evidenziando il nesso diretto tra le azioni della donna e il decesso del piccolo.

Le indagini, protrattesi per mesi, avevano permesso di delineare in modo progressivo la dinamica di ciò che era accaduto fra le mura domestiche e nel breve tragitto che porta dalla casa della famiglia alla scogliera. L’inchiesta ha rivelato la solitudine della giovanissima madre, il contesto familiare segnato da fragilità e il ruolo predominante della nonna, che avrebbe preso in mano la situazione immediatamente dopo il parto, scegliendo una strada drammatica e definitiva.

La sentenza di oggi chiude la fase giudiziaria di primo grado ma lascia aperti interrogativi più profondi, che vanno oltre l’aula del tribunale. L’ergastolo stabilito dalla Corte d’Assise rappresenta la risposta della giustizia a un crimine che ha scosso l’opinione pubblica e che ha riportato al centro del dibattito il tema della tutela dei minori e delle madri fragili. Resta il dramma di una vita spezzata appena nata, il dolore di una comunità colpita e la necessità di interrogarsi sulle condizioni che hanno permesso che una vicenda così tragica potesse consumarsi nel silenzio di pochi metri e nel buio di poche ore.

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