È ormai prossima al punto critico del suo viaggio la Conscience, l’imbarcazione salpata dal porto di Otranto sette giorni fa per unirsi alla nuova flottiglia internazionale diretta verso la Striscia di Gaza. La sua rotta, condivisa con una decina di altre imbarcazioni provenienti da diversi Paesi, la porterà entro mercoledì nelle acque definite da Israele come “zona rossa” del Mediterraneo, al largo della costa di Gaza. Un’area altamente militarizzata e soggetta a rigidi controlli navali da parte delle forze armate israeliane, che negli anni hanno più volte intercettato e bloccato imbarcazioni umanitarie con la motivazione ufficiale del blocco navale imposto sul territorio palestinese.
A bordo della Conscience si trovano circa 250 persone: medici, infermieri, giornalisti e attivisti per i diritti umani, tutti impegnati in una missione che mira a consegnare aiuti umanitari e a rompere simbolicamente l’assedio a cui è sottoposta la popolazione civile di Gaza. Tra loro, anche sei cittadini italiani, tra cui il chirurgo Riccardo Corradini, voce diretta dalla nave e punto di riferimento della partecipazione italiana all’iniziativa.
«Siamo consapevoli dei rischi, ma riteniamo imprescindibile portare testimonianza e sostegno a una popolazione dimenticata sotto le bombe», ha dichiarato Corradini in un contatto con la stampa. L’equipaggio è preparato a ogni evenienza, anche all’intercettazione da parte delle autorità israeliane, che in passato non hanno esitato a bloccare simili iniziative, anche in acque internazionali.
Proprio questo è quanto accaduto nei giorni scorsi alla flottiglia “Global Sumud”, altra missione umanitaria con rotta su Gaza, composta da attivisti provenienti principalmente dal Brasile. Tra di essi anche la deputata federale Luizianne Lins, esponente del Partito dei Lavoratori (PT), già nota per il suo impegno a favore dei diritti umani e della causa palestinese. La loro imbarcazione è stata intercettata da unità israeliane al di fuori delle acque territoriali, un’azione che ha sollevato proteste internazionali e acceso il dibattito sulla legalità di tali interventi in mare aperto.
I 13 cittadini brasiliani sono stati inizialmente detenuti nel centro penitenziario di Ketziot, nel deserto del Negev, prima di essere trasferiti in Giordania, a seguito di trattative diplomatiche tra l’ambasciata brasiliana a Tel Aviv e le autorità israeliane. Secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri di Brasilia, il gruppo è stato prelevato al confine e trasportato ad Amman a bordo di un mezzo messo a disposizione dall’ambasciata brasiliana in Giordania. Gli attivisti, attualmente alloggiati in un hotel della capitale giordana, sono in attesa di essere rimpatriati.
Il caso ha generato una nuova ondata di tensione diplomatica tra Israele e il Brasile, il cui governo ha denunciato l’accaduto come una violazione del diritto internazionale e della libertà di navigazione. L’episodio ha attirato l’attenzione della comunità internazionale, riaccendendo i riflettori sulle condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza, sul blocco navale imposto da Israele e sull’efficacia – oltre che sulla legittimità – delle azioni di solidarietà organizzate dalla società civile globale.
Ora gli occhi sono puntati sulla Conscience e sulle altre imbarcazioni in avvicinamento. Le prossime 24 ore saranno decisive. Le forze israeliane potrebbero agire in qualsiasi momento per intercettare e bloccare le navi prima che possano raggiungere le coste di Gaza. Le esperienze passate – come quella tragica della Mavi Marmara nel 2010 – impongono un’attenta vigilanza da parte di tutte le diplomazie coinvolte.
Sul fronte italiano, non si segnalano al momento dichiarazioni ufficiali del Ministero degli Esteri sulla presenza dei sei connazionali a bordo della missione. Tuttavia, la Farnesina segue con attenzione l’evolversi della situazione, anche alla luce del potenziale coinvolgimento in un’azione di forza da parte di Israele.
La missione della Conscience e della nuova flottiglia rappresenta l’ennesimo tentativo della società civile internazionale di rompere l’isolamento di Gaza. Un’azione dal forte valore simbolico, ma anche politico e umanitario, in un contesto segnato da anni di assedio, conflitti e crisi umanitaria cronica.
Mentre le navi si avvicinano alla zona rossa, la domanda resta sospesa: prevarrà il diritto internazionale o ancora una volta sarà la forza a decidere il destino di chi tenta di portare aiuti in una delle aree più martoriate del pianeta?