Milano – Dopo 18 anni di indagini, sentenze e colpi di scena, il delitto di Chiara Poggi torna prepotentemente al centro dell’attenzione giudiziaria. Non è bastata una sola giornata per far luce su uno degli omicidi più discussi della cronaca nera italiana: l’incidente probatorio in corso a Milano richiederà nuove sessioni di lavoro per verificare, classificare e analizzare i reperti biologici rimasti finora in ombra nell’inchiesta.
A lavorare su questo intricato puzzle ci sono ben 11 esperti – tra periti nominati dal Tribunale di Pavia, consulenti delle parti e tecnici della scientifica – riuniti sotto la supervisione del giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli. Il loro compito: esaminare due scatoloni colmi di materiali raccolti nel 2007 e mai sottoposti a indagini approfondite, custoditi per anni nei depositi dell’Università di Pavia e del Comando provinciale dei carabinieri di Milano.
Reperti dimenticati e catena di custodia
Nel primo giorno di operazioni, svolte nei locali della Questura di Milano, è stata avviata la verifica della catena di custodia: ogni sacchetto, ogni scatola, ogni frammento – dal tappetino del bagno a confezioni di tè, biscotti e yogurt – è stato esaminato per capire se fosse stato conservato correttamente e se sia ancora utilizzabile a fini forensi. Accertamenti delicati, su cui si basa la nuova fase dell’inchiesta, che vede indagato Andrea Sempio, all’epoca amico di Marco Poggi, fratello della vittima.
La spazzatura e le strisce adesive
Secondo fonti investigative, le prime analisi sono partite proprio da ciò che all’epoca venne repertato ma mai indagato: la spazzatura trovata in casa Poggi. Un’area potenzialmente ricca di tracce biologiche, ora passata al setaccio nei laboratori del Fatebenefratelli di Milano. Subito dopo, l’attenzione si è spostata sulle 35 strisce para-adesive utilizzate dai Ris nel 2007 per rilevare impronte nella villetta di via Pascoli, luogo dell’omicidio. Tracce che potrebbero essere decisive, ma il loro esame è “distruttivo”: prima di procedere, ogni impronta sarà fotografata e documentata per eventuali confronti futuri.
La traccia 10 e l’impronta mancante
Fra le impronte più interessanti c’è la cosiddetta “traccia 10”, individuata all’interno del portone d’ingresso: un’impronta papillare, forse lasciata da una mano sporca di sangue, evidenziata dai Ris di Parma con luce UV. Un tempo ritenuta “non giuridicamente utile”, oggi è oggetto di nuova attenzione, anche perché non appartiene a nessuno dei soggetti noti.
Assente invece la controversa “traccia 33”, impronta chiave per l’accusa: secondo la Procura era riconducibile a Sempio e si trovava sulla parete della scala che porta allo scantinato dove fu rinvenuto il corpo di Chiara. La provetta che la conteneva risulta introvabile.
Un elenco sempre più lungo
La difesa della famiglia Poggi, rappresentata dagli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, ha chiesto l’ampliamento del panel di confronto del DNA. Il genetista Marzio Capra presenterà un’integrazione con nuovi nomi: chiunque sia entrato nella villetta, anche durante i sopralluoghi, dovrà essere incluso. Tra questi: personale del 118, addetti delle pompe funebri, carabinieri del Ris (tra cui uomini allora sotto la guida del generale Garofano, oggi consulente di Sempio), tecnici e periti intervenuti nei processi, fino al medico legale Marco Ballardini.
Il DNA scomparso, ma i tracciati restano
Le unghie di Chiara, già “sciolte” per analisi nel 2014, non contengono più materiale biologico. Tuttavia, restano i tracciati elettroforetici, vere e proprie impronte digitali genetiche, che permetteranno comparazioni retroattive. Secondo i genetisti dei PM, uno degli aplotipi del cromosoma Y rilevato sulle mani della vittima coincide perfettamente con quello trovato su oggetti di uso personale di Andrea Sempio, raccolti dall’agenzia investigativa SKP. Ma la prudenza resta d’obbligo: l’eventuale contaminazione, dopo anni di manipolazioni e conservazione, potrebbe compromettere l’affidabilità di ogni confronto.
Verso la verità
Le operazioni dovranno concludersi entro il 17 settembre, termine ultimo per depositare la relazione tecnica, che sarà poi discussa nell’udienza già fissata per il 24 ottobre.
Il lungo viaggio verso la verità sull’omicidio di Chiara Poggi – una giovane di 26 anni uccisa brutalmente nella sua casa il 13 agosto 2007 – sembra ancora lontano dalla fine. Ma per la prima volta, vecchi reperti mai ascoltati potrebbero avere qualcosa da dire.
