19 Aprile 2024, venerdì
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Avv. Giancarlo Sciortino:” La decisione del Presidente Reali ha destato non poco scalpore”


A cura di Ionela Polinciuc


Sono i problemi della giustizia italiana, quelli che hanno fatto le prima pagine dei media negli ultimi mesi, ma sono soprattutto quelli che da sempre angosciano il popolo e le imprese italiane. È la lentezza dei processi e la imprevedibilità degli esiti che demoralizza tanto i cittadini che aspettano ormai da troppi mesi che la giustizia sia fatta.
Al riguardo, abbiamo intervistato l’Avv. Giancarlo Sciortino.
Perché la giustizia in Italia è così lenta e costosa?

Le cause dell’atavica lentezza della nostra Giustizia, soprattutto di quella civile di cui mi occupo quotidianamente, sono molteplici ed assai complesse. Certo, l’attuale diluvio di riforme del codice di procedura civile (se ne sono contate ben sei negli ultimi venti anni !) non ha giovato al fine di render maggiormente celeri le decisioni delle liti civili. La recente Riforma Cartabia, a regime dal prossimo gennaio 2023, si inserisce in questo triste filone. Si riducono, immotivatamente, gli spazio del contraddittorio, si concentrano enormemente i termini istruttori per le parti, infarcendo il sistema con termini decadenziali (ovviamente solo a carico delle parti e mai del Giudicante), si inaugura un triplice rito di cognizione di primo grado (innanzi al Tribunale in composizione monocratica, uno semplificato ed uno con riserva di collegialità. Si introducono nuovi istituti, forse omaggio ai cattedratici che hanno coadiuvato la Commissione parlamentare, come il rinvio pregiudiziale in Cassazione, che – forse inconsapevolmente – aprono alla teoria del precedente vincolante, ignota al nostro Ordinamento giuridico, sulla falsariga del Common law di matrice anglosassone. fa specie, ancora, constatare come l’introduzione di tante novità normative, scritte peraltro in modo non sempre sintatticamente irreprensibile, giunga da soggetti che non svolgono concretamente la quotidiana attività forense; un maggiore coinvolgimento del ceto Forense, dunque, avrebbe potuto essere utile.
Cosa ne pensa della decisione che ha dovuto prendere in presidente Del tribunale di Roma sospendendo le udienze dal 15 ottobre per 6 mesi?
Non mi occupo elettivamente di penale, ma, certo, la decisione in commento ha destato non poco scalpore tra gli operatori del giure. Forse, avrebbe dovuto essere concertata previamente con il Consiglio Distrettuale locale e con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, non è stato consultato neppure il CSM. Rammento che si tratta, pur sempre, del Tribunale più grande d’Italia. Non mi risultano precedenti. Non credo sia la via più indicata per risolvere i problemi della Giustizia penale. Una sospensione semestrale (di questo, in fondo, si tratta) non apporterà alcun reale e concreto beneficio alla gestione del calendario del tribunale capitolino.
Ma è giusto che sia stato il Presidente Reali a prendere il provvedimento, oppure doveva intervenire il Parlamento?
Confermo il mio pensiero sopra esposto: avrebbero dovuto essere coinvolti nella decisione sia il CSM quanto il Ministero di Giustizia, ciascuno per le rispettive competenze. Una fuga in avanti, solitaria ed improduttiva.
Secondo Lei, quale sarebbe la soluzione migliore per questa ingiustizia, da adottare con urgenza?
Una seria riforma dei codici di rito penale e civile che tenga conto delle concrete istanze provenienti dal ceto forense. Una massiccia dose di uomini e mezzi, non solo tra i Magistrati ma, soprattutto, tra i funzionari e collaboratori delle Cancellerie, unitamente ad una forte razionalizzazione delle risorse ed un’implementazione dell’uso delle risorse telematiche che già da qualche anno interessano il rito civile. Penso al Processo civile telematico, alle notificazioni tramite posta certificata e via dicendo.

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