25 Aprile 2024, giovedì
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Tra vigne e cantine: l’enoturismo in tempi di Covid

Il futuro del turismo italiano passa (anche) da una vigna. Già prima della pandemia, l’enoturismo registrava, nel 2019, una crescita del giro d’affari pari al 45% (fonte: Rapporto sul turismo enogastronomico), con un allargamento del pubblico interessato a degustazioni e visite in cantina (in forte aumento i giovani). Ora il segmento ha subìto una battuta d’arresto, come tutto il settore, naturalmente.

Perché il turismo del vino ha tutte le caratteristiche del nuovo modo di viaggiare, in tempi di Covid: soggiorni in Italia, spesso a pochi chilometri da casa, periodi brevi con frammentazione delle ferie in long weekend, maggior contatto con la natura e tante esperienze open air.

Tutti requisiti che hanno portato Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto, a concludere che “le aree rurali hanno una marcia in più, oltre al food in senso stretto: luoghi di grande fascino come vigneti ed uliveti potranno essere valorizzati e divenire location oper air per degustazioni, per attività sportive quali trekking, nordic walking, mountain bike, yoga o attività artistiche”.

Ma cosa ha cambiato la pandemia Covid-19? Un primo impatto ha, naturalmente, investito la produzione e la vendita di vini. “Sul versante della commercializzazione, essendo il nostro un tipo di prodotto che si riferisce soprattutto ai canali horeca (ristoranti, enoteche, bar) il rallentamento c’è stato, legato soprattutto alla chiusura degli esercizi imposta dal lockdown”, spiega Maccari.

Ma il secondo effetto è stato la diminuzione delle visite in cantina: “È cambiato il flusso ed è maggiormente problematico ospitare turisti in cantina, causa protocolli Covid. Diciamo che per ora è cambiato anche il mix dei visitatori: ci sono ovviamente più italiani e meno stranieri, ribaltando le proporzioni pre-Covid”.

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