23 Aprile 2024, martedì
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Anche i feti degni di sepoltura, mamme in rivolta

|a cura di Maria Parente

L’aborto risulta da sempre essere una questione delicata, intrisa dal richiamo di dritti e circostanze di non facile risoluzione. Ed è un argomento sempre attuale che rende continuamente teso il rapporto tra Stato e Chiesa, l’uno per logiche di natura puramente strutturale e l’altra che intende salvaguardare i diritti basilari della vita umana. A Roma, il Cimitero dei feti sta portando alla rivolta tutte le donne che, oggetto di aborto, hanno ritrovato inconsapevolmente e senza aver lasciato il consenso a nessuna autorità legalmente riconosciuta, il loro nome su di una croce posta nel punto in cui è seppellito il feto di appartenenza. Una narrazione che fa rabbrividire, degna da film dell’orrore, eppure stiamo parlando di una realtà piuttosto consolidata: in Italia si contano almeno 80 cimiteri dei feti, dislocati in diverse città, e più di 100.000 feti seppelliti.

La denuncia è partita da una donna, M., con un post sui social in cui lamenta la tragica notizia di aver letto su una croce il suo nome, come se fosse morta. La pratica della sepoltura dei feti all ’ insaputa delle madri si sta allargando a macchia d’olio in tutta Italia. La possibilità di seppellire i feti è regolata da una vecchia legge che risale all’epoca del fascismo e prevede che chi si sottopone a un aborto terapeutico possa chiedere all’ospedale di avviare questa procedura ma talvolta anzi con maggior frequenza ,negli ultimi tempi, succede che associazioni cattoliche di fedeli stipulano convenzioni con le Asl per seppellire anche i feti sotto le 20 settimane, visto che dopo 24 ore dall’aborto i genitori perdono la potestà sul cosiddetto «residuo abortivo» costituendo l’atto, per le donne chiamate in causa, una grave lesione del diritto alla privacy.

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